Profilo BACHECA 137
Avete presente quegli aggettivi che gli altri scelgono per descriverci? Sono le etichette.
Il mondo, in generale, ha una certa tendenza a etichettare, e a volte in modo piuttosto deleterio, vedi il “bullismo”.
Riflettendo su questo dall'infanzia all'età adulta, quante etichette positive e negative mi sono state appiccicate addosso, senza che io lo volessi; a tessere questa complessa trama hanno contribuito tante persone che amo e anche alcune appena conosciute. Insieme, hanno scritto una storia diversa da quella che avrei voluto raccontare per me stessa.
Ho sempre creduto che chi mi guardava dall'esterno avesse una visione più chiara di me. Questa versione di me sembrava più credibile della mia, e alla fine, ci ho creduto: ho interiorizzato e adottato certi ruoli come se fossero miei, anche se in realtà avevano poco o nulla a che fare con la verità.
In alcune situazioni, critiche o aggettivi, non posso negare che mi siano stati utili, ma nella maggior parte dei casi si sono limitati a incasellarmi in modo superficiale (ora lo capisco bene). Ogni etichetta, indipendentemente dalla sua veridicità, ha aggiunto un piccolo pezzo alle storie che, nel tempo, ho continuato a raccontarmi.
Riesci a immaginare com'è vivere seguendo un copione?
Magari è un copione che ti piace o che ti risulta comodo, ma che in fondo non ti appartiene affatto. Sono certa di sì; è molto probabile che anche tu abbia vissuto qualcosa di simile.
Tutto questo inizia a starmi un po' stretto!
Dipendere dalla generosità e dagli occhi di chi ci giudica?
Ma anche no...
Liberarmi di tutte le etichette che mi sono state affibbiate non è semplice, ma un ottimo punto di partenza per riscrivere la mia storia è riflettere su chi sono, sui miei valori e sulle mie emozioni più autentiche.
Così, ho tracciato una linea nera e scriverò un nuova versione di me, e non sarà influenzata da nessuno, sarà solo la mia individualità.
Nessuna proiezione esterna.
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Il dovere mi porta a trascorrere molte ore fuori dI casa, mi porta altrove, ma amo la mia abitazione; mi rappresenta e funge da biglietto da visita.
(Penso che la nostra casa ci rappresenti.)
Dedico tempo e attenzione alla sua cura, rendendola accogliente per i miei cari e gli amici. La vivo sia da sola che in compagnia; non è solo un semplice spazio funzionale, con dentro ciò che serve alla sopravvivenza fisica; non è solo nutrimento per il corpo. È un rifugio, un luogo ricco di amore che dà calore e cibo alla mia mente. Non è costruita solo di mura: vive di persone, abbracci, sguardi e parole.
Si sedimenta nel tempo e il suo spazio mi vede trasformare. Sotto il suo tetto trovo riparo e conforto, ma sa diventare un grande archivio invisibile dove ripongo i ricordi, i silenzi, i profumi, gli affetti che hanno contribuito a definire la mia identità.
Hai mai scritto qualcosa solo per poter rileggere i tuoi pensieri nel tempo? Non si tratta necessariamente di pubblicarlo o condividerlo, ma piuttosto di intraprendere un viaggio di introspezione.
Voglio capire chi sono esprimendo liberamente ciò che sento, qui e ora. La scrittura ha ancora questo potere: riorganizzare le idee e dare forma al caos interiore. Non è necessario essere scrittori con un diploma in letteratura, né cercare l'approvazione degli altri. Mi sono innamorata della parola pensata e del suo potere evocativo e magico. Nel mio vocabolario ci sono pochi termini, molto semplici e forse con accenti errati, ma capaci di liberarmi da una solitudine che spesso si trasformava in pianto, aprendo finestre sul mio mondo. Penso a parole e le vesto: parole silenziose, immaginate, che riescono a colmare il vuoto opprimente della solitudine.
Oggi viviamo in un'era digitale pregna di esibizionismo: tutti scrivono e mostrano le proprie vite. Non sono sicura se ci sia autenticità e, se c'è, in quale misura. Scrivere per se stessi diventa un atto creativo. È come tenere un diario da riporre in un cassetto, da riscoprire negli anni a venire.
CHI eravamo, COME eravamo...
Sono consapevole che questo spazio non è privato, ma un contenitore con filtri da applicare, dove le persone leggono con una lente d'ingrandimento diversa dalla mia. Scrivo in modo da proteggere la mia privacy. Scrivo per esprimere pensieri che possano evocare emozioni, destinate a riaffiorare nei miei ricordi.
Forse, anche per chi legge, come scrisse Desirè Kariny, diventerò quel “non sono solo ciò che scrivo, ma anche ciò che provi mentre leggi... ti riconoscerai nelle mie parole e nelle mie emozioni...”
Non sarò veloce da leggere, né leggera o chiara, non ne sono certa! Tuttavia, voglio trovare un modo per non fermarmi e per non spegnermi. Voglio rimanere viva.
(Vi assicuro che spesso ho molto più righe da aggiungere, mi contengo ☺ )
- Scrivo per “stare meglio”, non per forza per “fare meglio” -
Sì, penso che non sia necessario inviare messaggi eclatanti. Ognuno di noi ha un compito nella comunicazione: si tratta di essere onesti e riflettere la nostra verità nelle parole che scriviamo.
Le persone con una mentalità rigida e presuntuosa tendono a proclamare con orgoglio di detenere la verità, che spesso si traduce in semplici "formule vuote" riguardo ai comportamenti e alle azioni corrette da adottare nella vita.
Quando ci troviamo di fronte all'immensità dell'oceano, come la 'giovane portoghese' nel testo della canzone, si sperimenta un senso di 'piccolezza/irrilevanza, percependo il silenzio dell'universo. In quel frangente, si realizza umilmente di essere solo "un nulla", un punto trascurabile nel vasto contesto cosmico.
L'essere umano può essere paragonato a un lampo, a "una luce accesa e subito spenta", o "a stanze illuminate di case intraviste da un treno in corsa": un attimo fugace. Questa riflessione, sebbene possa apparire amara e ironica, ci invita a
considerare la rapidità con cui scorre la vita.
In effetti, in tali momenti, si diventa consapevoli che la vita scorre rapidamente, come un lampo, e l'individuo vive come quella bambina di fronte all'oceano, riconoscendo il proprio “non sapere”. È una saggezza triste e nostalgica, quella consapevolezza della vita che (prima o poi ci accomuna tutti), invita a riflettere sulla sua transitorietà.
Direte: "Oh! Bene!!!... Come a dire 'ricordati che devi morire', aspetta che me lo segno." Sembra quindi che non ci sia differenza tra passare la vita a drogarsi o dedicarsi come missionario nei paesi poveri, tanto, fin della fiera, moriamo. Tuttavia, è fondamentale chiarire che queste riflessioni non intendono demotivarci o, peggio ancora, spaventarci; piuttosto, sono un monito per coloro che amano dominare gli altri e il mondo intero. Dobbiamo mantenere un atteggiamento di umiltà.
È essenziale sfruttare il nostro tempo conducendo una vita semplice, attiva, prepositiva; collegando questa verità alla realtà: “tutti noi abbiamo lo stesso epilogo”.
Indipendentemente dalla nostra consapevolezza, ogni individuo deve confrontarsi con questo fatto ineluttabile, che può, anzi deve, migliorare la qualità della propria vita.