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The_Hatter 14 dicembre

 

 

Auguro buone feste alle amiche ed agli amici di questa piattaforma. Sto partendo per quel paese anche se non ho ancora capito bene chi mi ci ha mandato ... Porto con me l'indispensabile: lo spazzolino da denti e qualche stauffer. Ci sentiremo, forse, l'anno venturo ... ciao.

 

The Hatter

 

 

 

 

 

 

 

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The_Hatter 11 dicembre

 

La prima neve

 

Osservo la neve che cade. Nel silenzio ovattato i candidi fiocchi scendono lenti nell’aria. Un sentimento di meraviglia s’insinua in me per questa inattesa novità. Sto godendo attimi di gioia incontenibile. Sono testimone di questo magico momento mentre, attraverso i vetri della sala, guardo i balconi dei palazzi già ricoperti dalla bianca coltre così come il marciapiede di fronte ancora privo di impronte.

Al di là dei palazzi inizia la montagna con il suo piccolo paese a mezza costa e poi subito la foresta, interrotta da piccole radure, e ancora su, più su fino al limitare del bosco, il confine al di sopra del quale si estende il regno delle cime che dominano la valle.

Credo che la natura mi stia facendo uno tra i più bei regali e il suo richiamo è irresistibile. Non so attendere oltre.

Indosso con cura i calzettoni per proteggere dal freddo i piedi e le ginocchia e, per essere più libero nei movimenti, un pantalone alla zuava con i cinturini sotto al ginocchio. Un maglione non troppo pesante sopra la camicia di flanella, una giacca di piumino d’oca leggerissima munita di cappuccio e gli scarponi, modellati apposta per le mie esigenze, con i quali posso andare dappertutto, soprattutto in arrampicata libera.

Infilo nello zaino l’occorrente standard di sopravvivenza, corda, viveri d’emergenza, documenti e soldi, prendo con me la piccozza, infilo il berretto di lana e i guanti ed esco di casa. Il cellulare non serve perché dove ho intenzione di andare non c’è campo.

La mia compagna è ancora profondamente addormentata e non la voglio disturbare, quindi, le scrivo due righe per informarla sul percorso che intendo seguire.

Ho un chilometro circa da percorrere attraverso la città prima di iniziare la salita.

Il cielo è carico di nubi e la visibilità incerta. La neve continua a cadere a larghe falde. Percorro pochi metri e sono già ricoperto di neve. E’ una sensazione indescrivibile!

Sento il profumo e la magia del momento mentre continuo con passo spedito sino a superare il ponte, oltre il quale, inizia il sentiero. Rallento il passo per adeguarlo al battito del cuore e alla respirazione e guardo l’ora: sono le otto e venti del mattino. Lo zaino è leggero. Lo porto perché contiene degli elementi che, all’occorrenza, possono servire a steccare un arto fratturato oltre alla dotazione standard.

Con passo regolare, calpesto la neve che diventa sempre più spessa man mano che salgo. Noto delle tracce appena visibili di qualcuno che mi precede. Sono già completamente ricoperte dalla neve che ora cade con maggiore intensità ma ancora percettibili.

Ho oltrepassato di parecchio il paese che osservavo da casa e, da quando sono entrato nel bosco, le tracce sono più marcate.

Chi sta davanti a me pare abbia improvvisamente rallentato il passo. Continuo col mio passo regolare anche se la curiosità di incontrare qualcuno in questa contingenza mi incuriosisce.

Il sentiero si è ristretto e si è fatto impervio, curva dopo curva salgo di quota.

La neve, nei tratti non protetti dai pini, è talmente profonda da impedirmi la marcia regolare e le orme della persona che mi precede sono sempre più chiare.

La voce della coscienza mi rammenta che ho dimenticato di portare le ciaspole … pazienza, arriverò solo al limite del bosco, penso, mentre mi scrollo la neve di dosso.

Le orme, adesso, sono nitide. Le osservo attentamente mentre la neve si sta ancora intensificando. Chi le ha lasciate deve trovarsi poco davanti a me e tra un momento lo raggiungerò.

Percorro un lungo tratto al riparo della foresta e, dopo una stretta curva a gradoni di roccia, sono costretto ad affrontare una neve ancora più profonda.

Se non fossi stato così curioso probabilmente sarei tornato indietro, invece ho proseguito imperterrito.

A metà della zona scoperta che mi si apre davanti, riversa sotto l’unico pino nella zona, giace la figura indistinta di una persona. E’ coricata su un fianco e non dista più di trenta metri. Posso vederla bene nonostante la neve incessante che vien giù e, a tratti, la nasconde. Finalmente la raggiungo, mi accovaccio accanto e poi, carponi, le sollevo la testa. Ripulisco il suo cappello di lana finito poco più avanti e glielo infilo poi, la sollevo per quanto posso, le sfilo lo zaino dalle spalle e la appoggio seduta a ridosso del pino. Lo zaino ... chiamarlo così mi è parso un ridicolo eufemismo ... è talmente pesante e grosso che a stento riesco a spostarlo!

Intanto dalla persona sconosciuta provengono dei lamenti indistinti.

Le risistemo il cappuccio allentando il bavero della giacca militare, una di quelle vecchie della seconda guerra mondiale. Finalmente posso scorgerne il viso. Con mio grande stupore è quello di una ragazzina di non più di diciotto o vent’anni. Si lamenta biascicando parole incomprensibili, in patois, e non pare rendersi conto del suo stato.

Non indossa guanti. Le prendo le mani quasi congelate e gliele strofino con la neve poi, con l’unico fazzoletto che ho, gliele asciugo.

Mi tolgo i guanti, dentro sono caldi, e glieli infilo. Porta degli scarponcini e i suoi piedi sono ben protetti da spesse calze di lana e i pantaloni ben pesanti. Tutta la sua figura è minuta e non s’accorda con il peso che trasporta.

Parlandole con calma le dò qualche piccolo buffetto sulle guance, poi le chiedo come si sente.

Non osservo alcuna reazione tranne il respiro affannoso. Le sollevo le palpebre. Gli occhi di un azzurro profondo paiono normali come solo possono apparire ad un elettronico che non sa quasi nulla di primo soccorso. Raddoppio l’intensità dei buffetti … finché socchiude appena le palpebre. Capisco a stento che mormora delle scuse nel suo dialetto.

Le afferro le mani tenendogliele ben strette fra le mie e, avvicinandomi le dico:” ne t'inquiète pas, je resterai près de toi, je t'aiderai ”. La neve continua a cadere. Spalanca gli occhi ansimando, accenna un sorriso.

Poche parole, pronunciate a stento, mi fanno capire che si sta riprendendo. Le lascio libere le mani e la sistemo più comoda sotto il pino. Ancora inquieto per l’accaduto, tiro fuori dal mio zaino l’occorrente per preparare un buon tè caldo. Le tolgo un guanto, le metto in mano il cucchiaio reggendole il pentolino e la invito a bere.

Con movimenti dapprima incerti e poi sempre più sicuri si beve tutta la bevanda calda. L’aiuto ad alzarsi, non speravo altro che questo momento!

Da una tasca estrae i suoi guanti e mi restitisce i miei accompagnando il gesto con un sorriso. Ormai le forze le stanno tornando, evviva!

Intorno al nostro pino è rimasta una piccola area circolare quasi sgombra dalla neve che, nel frattempo è continuata a cadere e ha già raggiunto uno spessore di circa mezzo metro. E’ arrivato il momento di presentarci.

Stringendoci la mano ci siamo scambiati i nostri nomi, ed ora, sta per dirmi qualcosa. Si chiama Eliane. Ha il volto di una ragazza sbarazzina, due occhi vivi di un azzurro intenso tendente al verde, una capigliatura moderna fatta di riccioli d’oro e mi osserva con attenzione mentre mi racconta le sue vicende

Sta portando i rifornimenti alla madre che, al momento, non si può muovere essendo infortunata e l’attende nella loro baita non molto distante.

Facciamo il punto sulla situazione. So che ci troviamo a circa un chilometro e mezzo dal “ café national “ come ho sempre chiamato il ruscello, alimentato da una sorgente naturale, che attraversa questo sentiero e dove, nella bella stagione, tutti coloro che si trovano a passare fanno sosta per abbeverarsi. Diverse volte, nelle immediate vicinanze, ho ascoltato l’ululato dei lupi ...

La baita da raggiungere si trova ad appena un centinaio di metri dopo il ruscello.

Senza dare ascolto alle sue proteste mi sfilo lo zaino e glielo metto sulle spalle, poi mi carico il suo.

Solo chi ha dormito in montagna nel sacco a pelo, di notte, al riparo di un roccione, può capire forse come si sente la mia schiena. Altro che appoggio ergonomico … le scatole e le scatolette tonde, quadrate, ecc. in quel sacco stipato sino all’inverosimile sono una tortura indescrivibile per non parlare del peso.

A stento, un passo dopo l’altro, nella neve profonda con Eliane, dietro, che mi aiuta a mantenere l’equilibrio giungiamo nei pressi del “café national”.

Proseguire è diventato quasi impossibile, la neve è talmente alta in certi punti che mi arriva al petto e devo comprimerla col peso del mio corpo per aprirci un varco. Le cinghie del sacco mi torturano con tutti i bitorzoli a contatto del mio dorso. Mi fermo. Eliane, con un filo di voce, mi dice che la sua baita è sulla nostra destra. Intorno a noi c’è una distesa di neve immacolata, soffice come la bambagia, che nasconde le asperità del terreno. Il silenzio è talmente profondo che provo una sensazione d’irrealtà ...

Adagio mi apro il passo attraverso la neve cercando di non sprofondare in qualche dirupo. Eliane, dietro, aiuta a sostenere il sacco. Ho un pensiero fugace per Colui che salì al Golgota … Finalmente, dopo un tempo che mi è parso infinito, ecco che un filo di fumo appare da dietro un monticello. Eliane mi esorta a resistere ancora un poco perché siamo quasi arrivati. Ancora un ultimo sforzo ed ecco la baita, finalmente siamo giunti a destinazione!

Eliane chiama la madre a gran voce, io mi sfilo il suo sacco dei rifornimenti e lo appoggio sulla panca accanto alla porta d’ingresso, riparata da una tettoia, e, subito, mi sembra di galleggiare nell’aria.

La madre, imbacuccata oltre ogni immaginazione, apre la porta e si affaccia sulla soglia visibilmente emozionata. Era in pensiero per la figlia. Eliane, le racconta rapidamente la nostra avventura.

Vogliono farmi entrare in casa ma declino cortesemente il loro invito. Sono passate le undici e ritengo prudente tornare subito anche se la neve, ora, cade con minore intensità.

Cercano ancora parole per ringraziarmi. Eliane mi chiede di attenderla un istante, poi riappare porgendomi un bigliettino. Lo leggo. C’è il suo numero di cellulare col prefisso svizzero. Riprendo il mio zaino, lo allaccio completamente e le saluto, sorridendo, senza indugiare oltre.

Ora inizia il mio divertimento. Mi lancio nella neve come un delfino tra le onde lungo la traccia ancora aperta. Rotolo, compio rocambolesche capriole, sento di essere nel mio elemento …

Di balzo in balzo attraverso la foresta, sono di già in vista del paese. Si aprono le nubi e spunta il sole. La natura si ammanta di una luce dorata. Mi ricompongo, ormai la neve ha uno spessore che mi permette un passo veloce. In un battibaleno giungo alla fine del sentiero, percorro il ponte oltre il quale vivo con la mia compagna. Percorro l’ultimo chilometro quasi di corsa. E’ appena rintoccata l’una e sono a casa … dolce casa!

Apro la porta d’ingresso e saluto la mia “ragazza”: ” bonjour mon chou, me voilà ! Comment vas-tu? “ e lei di rimando: “ fais attention à ne pas salir ma maison ! Met les chaussons ! Ne le laisse pas mouillé… “ Che delicata essenza femminile! Non so proprio come faccia a sopportarmi ancora …

Forse vuol dirmi semplicemente e con grazia di toglierle l’incomodo? Inizio a credere che la mia esistenza vivrà, presto, nuove esperienze! Forse la storia non è finita e dovrò scrivere ancora …

Itaca, orsù, dove sei?

 

The Hatter

 

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The_Hatter 06 dicembre

5) Intimità

 

Clairette … E’ giunta nella mia vita nel momento in cui ne avevo maggiormente bisogno. Come ci siamo conosciuti è noto ormai.

Ci frequentavamo ogni qualvolta, per lavoro, mi recavo a Ginevra. Risiedeva ad Annecy-le-Vieux, in Francia, a tre quarti d’ora di auto.

Dalla morte del padre dirige l’importante industria di famiglia.

Siamo sempre riusciti a trovare il modo per viverci in ogni occasione possibile anche se ciò ha richiesto funambolici equilibri.

 

Dopo il pranzo consumato nel ristorante della struttura termale abbiamo completato tutte le tappe del programma salute e ora ci stiamo rilassando all’interno del solarium distesi su comode poltroncine reclinabili.

Clairette, con un leggero sorriso dipinto sul volto sembra essersi appisolata. Il sole è prossimo al tramonto e provo un senso di appagamento totale.

Sento l’energia scorrermi in tutto il corpo. Ho raggiunto quell’equilibrio tra la serenità interiore e il mondo mentre, attraverso le palpebre appena socchiuse, contemplo quella creatura meravigliosa che mi fa tremare il cuore.

Ne ascolto l’anima. E’ come una fiamma viva che, con la sua luce e il suo calore, mi permette di percepire l’essenza stessa dell’universo. E’ solo attraverso di lei che prende forma e prospera ogni mia realtà ...

Tra qualche minuto avremo l’occasione di iniziare a vivere una nuova vita nella quale speriamo di trovare quella libertà di sentirci pienamente a nostro agio sia nei nostri abbandoni amorosi sia nella ricerca di quelle novità che rendono più gradevoli le necessità quotidiane.

Mi risveglio dolcemente, i suoi capelli mi sfiorano il viso. Sento il calore della sua guancia a contatto con la mia mentre la dolcezza delle sue parole conferma il desiderio di lasciarci alle spalle la confusione di questi primi due giorni per vivere finalmente il nostro amore in piena intimità.

Raccogliamo le nostre cose e usciamo dal complesso termale.

Accendo il motore e partiamo.

La nostra nuova alcova, custode dei sentimenti più segreti, è là che ci attende a dieci minuti di strada …

 

Cos’è l’amore? Abbiamo tentato di risponderci sinteticamente senza mai riuscire completamente nell’intento.

Viviamo questo stato delirante e meraviglioso dove il sentimento, nutrendosi di emozioni, dipinge con nuovi colori l’intero universo e noi, persone reali, perdendo l’originaria individualità, ci sentiamo fusi in un unico sublime incantesimo.

Crediamo, inoltre, che l’amore non sia un’illusione quando è vissuto e consumato in un rapporto paritario come il nostro: nessuno s’impone, anzi, ci si compiace soltanto di servire la nostra anima gemella.

In noi, la voluttà dei sensi, allora, supera ogni vetta del piacere e l’esaltante ebbrezza che ne deriva ci spalanca la porta all’estasi …

 

Eccole pronunciate, dunque, le semplici parole il cui significato trascende l’immediato per assurgere a quell’infinito dove i sogni trovano tutti accoglienza e l’altrove, sede dell’officina del divenire, sforna incessantemente il nuovo presente!

 

P.S.

Ho esplorato alcuni vostri profili e i vostri blog, ma, solo in alcuni, mi sono permesso di lasciare i miei like.

Mi sono lasciato trasportare dai vostri sogni più belli e li ho vissuti come se fossero stati i miei. Mi scuso con quella signora che, pur descrivendo emozioni meravigliose, ha ritenuto di informarmi che le mie reazioni non sono state gradite, peccato!

Le ho porto le mie scuse con un messaggio respinto dalla piattaforma poiché non ci siamo scambiati le figurine dell’amicizia ... Lo faccio di nuovo, ora, pubblicamente.

Non per questo limiterò la lettura di coloro che sanno meglio di me rappresentare, con i tratti leggeri di magici colori, le loro emozioni. Quando mi sento sintonizzato su di essi non posso fare a meno di lasciare un like. Vi prego, però, di farmi sapere subito se non sono graditi.

Eccetto un solo simpaticissimo lettore, al quale va tutta la mia stima, ho avuto anche l’onore di ricevere le reazioni di inattese lettrici con alcune delle quali ho avuto il piacere di scambiare stimolanti opinioni e per questo le ringrazio.

 

Il mio racconto termina qui e, per chi lo gradisce, lascio un sorriso ...

 

The Hatter

 

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The_Hatter 03 dicembre

4) La mattina dopo

 

Lo splendore del sole accende la mattina mentre l’ombra confina il proprio campo lasciando ai colori il dominio sulla natura. La Tuscia è davvero una forza rigeneratrice! Il buon odore della terra appena lavorata, quel verde particolare, a me tanto caro, dell’erba dei prati, il colore dei fiori spontanei … Siamo appena usciti dal B&B che ci ha ospitati questa notte. Cammino al fianco di Clairette, bagagli in mano, sul sentiero di campagna che conduce al parcheggio. Lasciamo il passo a mamma oca e ai suoi ochini che ci tagliano la strada. L’aria che respiriamo ha la consistenza di un sogno nel cui fascino fluttuano le nostre anime. Immersi in questo splendido spettacolo le nostre emozioni si espandono al di là dell’intelligenza. La consapevolezza di ciò che stiamo vivendo è la pagina sulla quale tentiamo di descrivere quest’incanto parlando d’amore …

Siamo giunti all’auto. Sistemo i nostri bagagli.. Apro lo sportello e, con un inchino appena accennato, invito Clairette ad accomodarsi.

Mi sorride ancora indugiando un poco, osservandomi, poi prendiamo posto.

Per viverci intensamente tutto il tempo possibile, senza l’ingombro delle quotidiane necessità, avevamo pensato che la migliore soluzione fosse il soggiorno in questo grazioso B&B, immerso nella campagna laziale, che insieme avevamo individuato. Ora, Clairette, ha manifestato il desiderio di trascorrere il tempo rimanente nel mio appartamento di Viterbo. Desidera lasciare un’impronta di sé, il suo profumo di donna, nell’ambiente dove sono vissuto ultimamente?

Per la verità, non osavo chiederglielo ... ora sono al colmo della felicità. Prima, però, le rivelo quella sorpresa di cui è già al corrente anche se non sa ancora di che si tratta.

Soltanto da questa sera concretizzeremo la nostra nuova intimità ...

Le illustro, quindi, il pacchetto “ One day ideale per te “ di una nota stazione termale di Viterbo, studiato appositamente per noi, dietro mie personali indicazioni, dagli operatori della struttura, dove, tra massaggi, fanghi e quant’altro, spicca il “ Rituale Love Experience “, descritto in ogni particolare …

Ne è entusiasta! Non si aspettava nulla di tutto questo mi ha detto, eccitata, ringraziandomi. Evviva!

Accendo il motore e partiamo.

 

Non sono trascorsi venti minuti che già entriamo nel parcheggio della struttura.

Alla reception mi faccio riconoscere. Ci pregano di attendere su un comodo divanetto nella sala comune. Poco dopo, si presenta una bella ragazza, alta, slanciata, con un sorriso accattivante ci prega di seguirla in un locale attiguo. Altre due signore ci prendono le misure e ci forniscono due borse personalizzate, una a testa, contenenti tutto l’occorrente per affrontare le tappe del programma previsto: accappatoi, slippers, costumi da bagno, biancheria intima per i fanghi e i massaggi, tessere magnetiche, ecc.

La stessa ragazza alta ci accompagna in uno spogliatoio dove ci prepariamo e poi sino alla prima tappa del nostro “pellegrinaggio sulla via per la salute”, all’interno della quale, in bella mostra c’è una vasca circolare a due piazze, folti tappeti intorno, biancheria da bagno, un carrello con due vassoi di morbidi e dorati cioccolatini, il secchiello pieno di ghiaccio e la bottiglia di champagne con i bicchieri appositi a forma di coppa.

Ci ragguaglia sul funzionamento e le solleticanti possibilità offerte dall’apparato, riempie d’acqua calda la vasca e poi, ci ricorda che abbiamo un tempo massimo al termine del quale lei entrerà per accompagnarci alla tappa successiva. Preme un pulsante di avvio e una musica stimolante ed energetica allo stesso tempo si diffonde nell’ambiente. La ragazza stappa la bottiglia di champagne, mesce il vino nelle coppe e si congeda con un sorriso cortese. Restiamo soli …

 

Brindiamo al nostro incontro, al nostro amore, ai giorni che verrano … poi entriamo nella vasca e regoliamo l’intensità dell’idromassaggio. Ci guardiamo intorno incuriositi e ci allunghiamo nell’acqua tiepida ed effervescente. Clairette si accoccola al mio fianco. Con la testa appoggiata ai cuscini ed il corpo senza peso ci sembra di volare.

Ci abbracciamo e restiamo così ad ascoltare quelle melodie che liberano l’anima e la fanno volare in quell’universo dove la fantasia si materializza in un tripudio di emozioni. I nostri corpi a stretto contatto sono l’altare su cui prendono forma i desideri, le aspirazioni, i sogni per un’esistenza migliore. L’intima e consapevole capacità di guardarci con gli occhi dell’amore ci fa vibrare di felicità. Anche se qualcuno la definirebbe una follia, per noi, tutto ciò, rappresenta la più grande ricompensa che la vita abbia mai potuto offrirci.

Mentre ci godiamo questo trionfo non ci facciamo mancare neppure quelle piccole tenerezze che ne formano la base. Ci imbocchiamo vicendevolmente i cioccolatini che stanno inesorabilmente diminuendo a vista d’occhio e sorseggiamo lo champagne fino a quando la bottiglia ci lascia a secco.

 

Evidentemente in questo ribollir d’acque il pathos si è impadronito di noi a tal punto che l’eros, forse per timore dell’alcool ingerito o dei soffioni sulfurei nei quali siamo stati immersi, si è momentaneamente acquietato.

Quando la gentile ragazza, dopo averci avvisati col campanello, è entrata, ci ha sorpresi nella vasca dell’amore, ancora immersi nelle gassose acque sulfuree , dove stavamo ridendo a crepapelle senza motivo alcuno ...

Ci ha aiutati ad uscire dall’acqua e ci ha sostenuti fino allo spogliatoio. Che vergogna...

Quando siamo riusciti a venirne fuori era ancora lì che ci aspettava, paziente, per ricordarci il primo appuntamento del pomeriggio …

L’abbiamo ringraziata strascicando un poco le parole. Ci siamo guardati negli occhi. La nostra reciproca comprensione era diventata totale, non c’erano dubbi, avevamo un gagliardo appetito! Di buon passo abbiamo imboccato il corridoio per raggiungere la sala ristorante il più in fretta possibile…

 

( continuerà, forse)

 

The_Hatter

 

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The_Hatter 29 novembre

3) Un dolce risveglio

 

Il sole del mattino filtra attraverso le imposte socchiuse e i merletti delle tende diffondono luci e ombre che si rincorrono in un gioco festoso illuminando parzialmente la camera da letto.

Ascolto i rumori lontani, ovattati, della campagna. Mi sembra di sognare! Clairette è ancora profondamente addormentata. Ho un braccio intorno al suo collo e lei è voltata sul fianco verso di me. Il seno nudo preme contro il mio petto. Le sue gambe avvolgono le mie. Il viso meraviglioso, così vicino, è sereno e mostra un leggero sorriso. Chissà se si è accorta di esser rimasta sola nel nostro nuovo universo mentre attendo il suo ritorno alla realtà? Forse nel suo incanto ci sono anch’io e forse prova la mia stessa gioia.

Ne ascolto il lieve respiro, le passo la mano, leggera, tra i capelli e le guance, le sfioro le labbra con la punta della lingua, le mordicchio leggermente il lobo dell’orecchio.

Il sorriso appena accennato si accentua ma tiene gli occhi ancora chiusi mentre emette dei mugolii di piacere.

Le accarezzo la nuca, poi, scendo rapidamente e le passo un dito lungo il filo della schiena. Ha un guizzo improvviso e socchiude languidamente le palpebre.

Apre i suoi occhi verdi, finalmente! Ci leggo la mia stessa felicità mentre scambiamo il primo bacio. E’ un soffio profumato, una consonanza di colori che ci illumina dentro concedendo alla realtà il diritto all’esistenza mentre il cuore ci sta scoppiando per il desiderio. Si alza sopra di me, sulle ginocchia, a gambe divaricate. So bene cosa significano questi movimenti, li stavo aspettando e sono pronto da un pezzo. Anche questa volta abbiamo raggiunto l’orgasmo nello stesso momento urlando per il piacere immenso che ci stavamo donando.

Dopo aver fatto l’amore, di solito, ci avvinghiamo in un nuovo abbraccio pieno di tenere affettuosità …

Questa volta, però, non ne abbiamo avuto il tempo. La padrona del B&B, allarmata dalle nostre rumorose effusioni, ha bussato alla porta chiedendoci se avessimo avuto qualche problema ma l’ho rassicurata rispondendole che non siamo mai stati meglio di così e che ci saremmo recati ben presto in sala per la colazione.

Per non correre il rischio di ricominciare tutto daccapo abbiamo fatto docce separate e quando poi siamo entrati in sala da pranzo siamo stati accolti dai sorrisetti complici delle cameriere.

 

Clairette si è appartata per le sue telefonate di lavoro. Seduto al tavolino fingo di leggere il quotidiano locale ma, in realtà, godo la felicità che mi pervade.

 

L’ho conosciuta circa venticinque anni fa durante un concerto di musica sinfonica nell’Auditorium di Annecy-le-Vieux dove partecipavo in qualità di ospite. Me la presentò suo marito, un ex collega di lavoro e mio coscritto, che, al momento, lavorava per una ditta di Ginevra.

Sua moglie, Clairette, aveva appena compiuto ventidue anni, si era sposata da pochi mesi ... io avevo già superato la quarantina.

Dopo la presentazione siamo rimasti da soli in un angolino della buvette a chiaccherare. Provavo per lei un’istintiva simpatia e, mano a mano che il tempo passava, capivo ch’era reciproca. Per gioco mi aveva posto una serie di domande alle quali, lì per lì, ero incerto nel risponderle. Non perché mi mancassero gli argomenti, semplicemente desideravo replicarle sinceramente. Mi aveva chiesto cosa mi piace in una donna, che età avrebbe dovuto avere per essere secondo i miei gusti nel massimo del suo splendore, cos’è imprescindibile per me tra un lui e una lei, cosa tiene uniti e cosa divide irreversibilmente una coppia. Ancora esitante, ero in balia di un’emozione nuova. Quelle domande, formulate con penetrante intelligenza, richiedevano una risposta su cui, anch’io, sentivo da tempo il dovere di fare chiarezza.

Poi in un lampo tutto mi apparve ovvio leggendo dentro me stesso la sintesi delle mie esperienze di vita!

 

Mi ritengo un uomo fortunato perché sono nato in mezzo alle montagne, dove la bellezza della natura e il silenzio delle cime mi hanno forgiato lo spirito educandomi all’umiltà e preparandomi pure al rispetto, in primo luogo, verso me stesso! Quello stesso rispetto che provo verso tutti, indistintamente! L’accordo, in una coppia, è fondamentale e, per la sua salvaguardia, dev’essere paritario, senza competizione. Ne consegue un’accettazione completa di ciò che la riguarda, senza eccezioni. Se una donna, superato il primo momento dell’infatuazione, non ottiene il rispetto dal proprio compagno ha solo due possibilità: andarsene o cacciarlo! Non vale la pena farsi ammazzare per puro spirito di crocerossina cercando di redimere un manipolatore. Non siate impazienti, signore ... L’amore prima o poi si ripresenta e, parola mia, non ha età!

 

Gliel’ho spiegato così come mi veniva, alla buona, con la veemenza, però, che caratterizza le mie parole quando sgorgano dall’anima senza passare per le solite banaltà, e Clairette mi ascoltava con interesse. Glielo leggevo negli occhi. Poi l’espressione del suo viso, a poco a poco, mutò. Capivo che celava dentro di sé un tormento che non riusciva più a contenere. Continuavo a parlarle anche se percepivo la sofferenza che l’avvolgeva come una nebbia sempre più pesante. Le avevo spiegato tutto ciò che credevo giusto in risposta alle sue domande e poi tacqui. Ci alzammo, si era fatta l’ora di andare. Allargai le braccia e lei accettò l’invito. Ci abbracciammo. Reclinò il capo sulla mia spalla.

Un attimo lunghissimo trascorse tra noi senza proferire parola. Ascoltavamo senza provare imbarazzo questo silenzio che, inaspettatamente, ci stava inondando l’anima di sconosciute emozioni.

I suoi capelli mi accarezzavano il viso, dalla sua anima traspariva una bellezza che non mi lasciava scelta, sentivo il suo corpo vibrare sul mio.

Improvvisamente, iniziò a singhiozzare. Dapprima lentamente, poi divenne incontenibile. Il suo viso si riempì di lacrime. Avevo il cuore in tumulto e mi sentivo commosso. Restammo stretti così sino a quando si riebbe. Si asciugò le lacrime e mi sorrise. Le tremavano le mani. Era visibilmente scossa … Mi sentivo ancora più scosso di lei ma niente e nessuno sarebbe stato capace di farmi recedere dalla volontà di approfondire queste emozioni e le ragion d’essere di questa circostanza ...

 

Assorto in questi ricordi non avevo notato la cameriera del B&B che, ferma davanti al mio tavolo, mi chiedeva il permesso di sparecchiare. Ancora attonito, le risposi con un cenno affermativo del capo.

 

Guardo l’ora. Per quello che ho in mente è ancora presto ma so che Clairette lo gradirà moltissimo.

Ascolto i suoi passi che s’avvicinano e … rieccola, raggiante più che mai! Mi si siede accanto, si toglie le scarpe, mi solletica un polpaccio col suo piedino e mi chiede con fare sornione se, per caso, non le avessi preparato una sorpresa. Le strizzo l’occhio e, con un dito davanti alla bocca, le faccio capire che è ancora un segreto. Si rimette le scarpe, afferriamo le nostre borse, ci sfioriamo con un bacio, ci prendiamo per mano e usciamo …

Il mondo è nostro! Cosa desideriamo di più, per ora?

The_Hatter

(continuerà, forse ...)

 

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The_Hatter 22 novembre

2) L’incontro

 

In questi ultimi giorni, ricordi, fantasia e curiosità si sono contesi la scena mentre il passato si è mescolato al presente procurandomi una ridda di contrastanti sensazioni. Non mi sento preparato ad affrontare una tale circostanza eppure ne sono ineluttabilmente attirato!

Rifletto sui sorprendenti risvolti della mutevole variabilità del divenire dove solo lo spirito è appena in grado di cogliere quelle percezioni, non formulabili con facili parole, che formano il campo reale entro il quale, credo, possa optare il libero arbitrio.

Nel mio vissuto assume quei nomi che, di volta in volta, incarnano l’attimo meraviglioso dove l’altra metà dell’universo si materializza nell’ideale consentendogli di percepire ancora la delicatezza di una nuova e differente femminilità.

Quell’istante, dove l’altra metà dell’universo sta nuovamente per concretizzarsi, è, per me, vicinissimo ed ha un nome: Clairette.

Ho raggiunto, con il treno regionale, la stazione ferroviaria di Roma Termini (non circolo mai in auto nella capitale) e mi sono subito diretto verso il tabellone degli arrivi. Nei giorni scorsi, ma di più questa mattina, ho vissuto con lei momenti indimenticabili al telefono quasi a voler anticipare questa nostra ricerca di intimità.

Ogni volta che il mio pensiero la sfiora provo un tuffo al cuore per l’emozione e tra poco, non mi par vero, le sarò accanto. Il FrecciaRossa che la ospita sarà qui tra pochissimi minuti, leggo il numero del binario e mi avvio per raggiungerlo.

Conosco bene questo treno, ne sono un assiduo fruitore. So che lei è in una delle prime due carrozze, mi posiziono sulla banchina in modo da poterla individuare senza difficoltà mentre i diffusori avvertono di allontanarsi dalla linea gialla.

Ci sono altre persone intorno a me che attendono che il treno si fermi, chissà se qualcuno prova le mie stesse emozioni! Ma eccolo, finalmente, vedo i fari accesi del locomotore che si sta avvicinando con il suo lungo seguito di carrozze, rallenta, supera di poco la mia postazione, si ferma.

Una breve esitazione e gli sportelli si aprono, i primi passeggeri scendono, la mia emotività è al massimo!

Infine, Clairette emerge dalla seconda carrozza, quasi di fronte a me, si guarda intorno esitante, la chiamo correndole incontro, i nostri sguardi s’incrociano.

Un lampo di felicità scaturisce dai suoi occhi! Afferro le valige dalle sue mani e le poso a terra, ci avvinghiamo senza pudore ...

La stazione ferroviaria di Roma Termini era gremita a quell’ora del pomeriggio; i passeggeri scesi erano stati subito rimpiazzati da altri viaggiatori ma noi eravamo inconsapevoli di quello che avveniva intorno.

Ascoltavo la sua anima come lei ascoltava la mia … Eravamo consapevoli d’esser completamente coinvolti nel segreto arcano della vita dove la sua rappresentazione non dipende più dalla nostra volontà ma da una atavica necessità, impossibile da disattendere, che ci trasferisce sul palco della realtà come attori e spettatori di noi stessi, impersonanti un copione di cui non ci rendiamo ben conto sebbene sia antico quasi come la Terra ...

Rumori improvvisi, il forte brusio dominante, il leggero fischio dei treni in partenza, gli annunci degli altoparlanti …

A poco a poco abbiamo ripreso contatto con l’ambiente, ci siamo guardati negli occhi, ci siamo sorrisi e finalmente, con atto a lungo sospirato, stretti nell’incantesimo di quell’abbraccio tanto atteso, ci siamo sfiorati le labbra con un primo dolce bacio.

Ci siamo detti tutto di noi, in quelle poche diecine di minuti dopo la partenza per Viterbo sul regionale veloce.

Seduti fianco a fianco, occhi negli occhi, spogliandoci dalle piatte banalità, ci siamo sussurrati quelle parole che non abbiamo avuto, finora, il coraggio di comunicarci ma che, adesso, ci sgorgano dal cuore come pura acqua di sorgente.

Clairette è dotata di una straordinaria bellezza. E’ una di quelle donne che attraggono l’attenzione senza volerlo. Il suo fascino non necessita di cosmetici, anzi, il suo viso acqua e sapone le dona un naturale seducente fascino.

Abbiamo la medesima altezza, circa un metro e ottanta ma lei è molto più giovane di me … Parla il francese dell’Alta Savoia.

Fantastichiamo sul nostro incontro, sui nostri desideri sessuali, sui giorni d’amore che potremo concederci, sui luoghi da visitare …

Ci scambiamo tenerezze e baci che mi fanno impazzire e il suo corpo sinuoso, il seno prorompente, le gambe ben tornite, tutta la sua figura, insomma, mi rende quasi impossibile resistere ancora e lei lo sa!

Per fortuna stiamo per giungere a Viterbo, la città ove risiedo e sarà teatro del nostro spontaneo happening.

Dal finestrino del regionale veloce, pressochè vuoto, vediamo scorrere la periferia della città. Un taxi già ci aspetta davanti alla stazione di Porta Fiorentina.

Siamo due innammorati che giocano all’amore e siamo appena entrati in un nuovo universo, solo nostro, dove vivere in pieno accordo questa dolcissima luna di miele...

 

(continuerà, forse ...)

 

The_Hatter

 

 

 

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The_Hatter 18 novembre

(1) La telefonata

 

A volte mi libro esitante nella leggera brezza del vento quando mi si insinua tra i capelli e le sue malie accendono quelle sensazioni che svelano all’anima ciò che ancora giace sopito.

In altre parole, mi è impossibile esplicitare un’impressione quando gli avvenimenti che la generano restano al di fuori della mia consapevolezza però, alla fine, ne comprendo le ragioni.

Ancora una volta sono incappato in una di quelle vicissitudini della vita che hanno il potere di rimettere in competizione quegli elementi di certezza ai quali mi aggrappo, a volte, pensandoli sicuri e inamovibili. Mi sento ostaggio di un malessere dalla cui morsa devo liberarmi in fretta.

Mi sarebbe difficile descriverne i particolari con quella dovizia che li renderebbero comprensibili a tutti né, d’altra parte, sarebbe corretto esporli pubblicamente.

Posso soltanto dire che sono tornato a casa mia per tentare di ritrovare l’equilibrio di un tempo, anche un poco di libertà assoluta, e cercare, forse, una nuova conciliazione con l’altra metà del cielo.

La necessità di riflettere su me stesso senz’alcun altro obbligo è diventata, ormai, un imperativo assoluto! Già due settimane sono trascorse nel vuoto più assoluto ma, dal mio subcosciente non è ancora venuto a galla nulla! Mi sto crogiolando, addirittura, in quest’ozio fisico e mentale quasi con vero lenitivo piacere… anzi, ho persino ceduto al significato profondo della locuzione per cucinarmi un piatto di gnocchi.

Ad onor del vero, le due settimane non sono state completamente vuote. Mi sono sentito regolarmente con la mia ragazza lontana, ci sono state le amiche con cui mi incontro regolarmente tutte le mattine, nel nostro bar preferito, ed un altra signora di una regione confinante, vedova novella, che, seppur garbatamente, persevera nei suoi malcelati propositi di concupirmi ...

Per dirla tutta, ho trascinato la mia esistenza da una trattoria all’altra girovagando per i borghi della Tuscia attendendo la sera per osservare la vita degli altri nel mio cogitarium preferito dal nome altisonante : “I sette vizi capitali”, un Pub del centro. Sentivo, però, la mia anima ridursi lentamente ad uno straccio! Che stessi gradualmente trasformandomi in un barbone?

Temevo, ormai, di trovarmi nell’indolente situazione mentale di chi, pur consapevole del proprio stato, non è capace di sormontarlo e volgere a proprio favore le necessità contingenti quando ricevetti l’inaspettata videochiamata di un’incantevole amica che non incontravo da diverso tempo.

Ci eravamo conosciuti dopo alcuni mesi dalle sue nozze con un ex collega di lavoro che risiedeva in una località dell’Alta Savoia a pochi chilometri dalla mia città natale. Ci frequentavamo in un delicato equilibrio tra la pura amicizia e il desiderio reciproco, quando le circostanze del mio lavoro lo permettevano, e ci siamo sempre tenuti in contatto.

All’epoca giravo per l’Europa come una trottola per esaudire le necessità dei clienti di una importante industria americana e le occasioni per vederci erano rare. Tra noi perdura tuttora un’empatia che ha saputo resistere alla barriera del tempo. Da circa sei mesi, Clairette, ha perso il marito. Mi ha informato che ha ancora una gran voglia di vivere e, guardandosi intorno, non ha visto nessuno che possa anche lontanamente paragonare alla mia persona. Che ci crediate o no il grigiore della mia vita si è trasformato di botto in un sole splendente e mi sono anche sentito lusingato (evidentemente ho le mie debolezze). Ho appena accettato la sua proposta di saggiare la possibilità d’infondere nuova linfa a quelle emozioni rimaste a lungo sopite, e, domani, mi farà sapere quando potrà giungere alla stazione ferroviaria di Roma Termini dove la riceverò.

(continuerà, forse ...)

 

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The_Hatter 05 novembre

Signora della Creatività

 

Questa mattina avrei voluto poter prolungare all’infinito il trascorrere del tempo per pensarti ancora, forse per desiderarti un’altra infinità di volte. Avevi due meravigliosi occhi verdi incastonati in un sorriso dolcissimo , mia Signora! Così ti presentasti in sogno.

Ti vedevo come appena uscita da un dipinto del Tiziano dove la libertà del tocco prevale sulla precisione del disegno e confesso che ne rimasi abbagliato! Il castano dei tuoi capelli contrastava e rompeva l’uniformità del nulla intorno a te mentre la tua incantevole figura lasciava trasparire quel fascino sottile il cui ricordo accecante turba  la mia anima … Sono e mi sento senza difese!

La forza del tuo sguardo è stata come un’onda, energica e incontenibile, dalla quale mi son lasciato dolcemente travolgere. Come avrei potuto, anche soltanto un attimo, pensare di resisterle quando tutto il mio essere già ti invocava ?

Ho vissuto una fantasia la mattina di un giorno che sembrava diverso da tutti gli altri. Senza rendermene conto, ero partito per un volo pindarico sulle ali del Nabucco sostenuto da un mai interamente sopito senso patriottico. Cantavo a squarciagola quei versi, cercando tra essi un significato che trascendesse i limiti di qualunque logica conosciuta, quando mi resi conto di sorvolare un angolo della nostra bella Italia nella parte, per me, più bella e desiderabile. Che fare? Il cuore mi comandava di scendere giù, in qualche modo ... Avevo già consumato, come carburante per il volo, metà della retorica contenuta nella prima quartina “Va, pensiero, sull’ali dorate; Va, ti posa sui clivi, sui colli,” e fu allora che ebbi l’ispirazione di trasformare i colli in calli … Immediatamente mi ritrovai a terra, un poco intontito, con il timore di non ricordare i versi restanti e non poter, quindi, ripartire all’occorrenza.

Mi trovavo in una palazzina deserta e ingombra di macchine per ufficio. Il silenzio schiacciante, appena interrotto dal suono di telefoni lontani e le luci ammiccanti degli schermi dei computer nella penombra, pur sapendo di vita quotidiana, mi rendevano cauto e titubante. Un orologio luminoso sulla parete indicava circa le diciannove. Un insolito fascino aleggiava nell’ambiente e si faceva sempre più intenso mentre una singolare sensazione mi si insinuava nell’anima. Non me ne accorsi subito ma Lei, la Signora della Creatività, era lì e mi osservava da tempo, con l’atteggiamento più naturale di questo mondo, attraverso i cristalli sfavillanti del suo ufficio… Mi avvicinai guardandola con trepidante emozione e le sorrisi... Anche lei rispose con un sorriso. Poi, con gesto pudico, aprendo la porta, mi invitò ad entrare.

 

The_Hatter

 

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The_Hatter 31 ottobre

Un momento delicato ...

Credo ci siano delle circostanze particolari nella mia vita che si preparano ad essere vissute a mia insaputa. Sono quelle sorprese che il presente mi riserva per mettere forse alla prova la mia capacità di reazione all’imprevisto dove, ad esempio, un semplice alito di vento alimenta ricordi e sensazioni tali in grado di sostenere forti emozioni.

Quella mattina, dunque, non potevo immaginare ciò che il caso mi avrebbe riservato di li a breve . Intendevo esplorare il monte Cuccio, geologicamente triassico, e, mentre guidavo, ritornavo mentalmente a ciò che avevo appena appreso su di esso … : “ Il dilavamento meteorico di questo monte, alle spalle di Palermo, ha prodotto nel tempo una serie di accumuli di dolomia particolarmente pura chiamata “ terra di Baida ” dal nome dell’omonimo casale saraceno “ Al Bayda “ , la bianca. Questa terra magnesiaca, farinosa e pura, per diversi secoli venne indicata nella farmacopea ufficiale come panacea universale con i nomi di elixir vitae, polvere magistrale e polvere cattolica. Tutto questo durò sino a quando la farmacologia moderna ne decretò l’obsolescenza “.

In quel periodo ero un frequentatore di via Venezia, a Palermo. Una via situata quasi di fronte alla Vucciria, posta tra gli altri mercati storici di Porta Carini, una delle porte più antiche della città, e del Capo, a nord dell'antico quartiere Seralcadio. Amavo osservare l’eterogeneo affollamento di persone che li animava, le merci esposte, l’intenso brusio delle contrattazioni e i sonori richiami dei venditori sulle qualità dei loro prodotti. In via Venezia, chiaccherando con i putiari (negozianti) seduti davanti alle loro botteghe, venni a sapere di Baida e, così, “mi venne u spinnu” di visitarla.

Intanto, immerso in quei pensieri, avevo già superato Boccadifalco e, percorse le ultime curve della stretta strada immersa nel verde, già apparivano i primi edifici ...

Quando giunsi sulla piazza principale di Baida un profumo di pane appena sfornato aleggiava nell’aria. Feci subito amicizia con un simpatico ed anziano signore del posto che molto gentilmente accettò di soddisfare alcune mie curiosità. Mentre mi illustrava, a modo suo, la storia del luogo si unirono a noi altri suoi conoscenti i quali, saputo l’argomento, vollero poi aggiungere “la loro”. C’era chi affermava di essersi curato con questa specialità locale ottenendo guarigioni miracolose . Calli, calvizie, unghie incarnite, balbuzie, imperfezioni della pelle, dolori alle ossa, ed altri “ morbi “ di varia natura … Altri assicuravano effetti di gran lunga più importanti a patto che l’assunzione fosse accompagnata da appelli ai Santi. Intanto si era alzata una leggera brezza ed io respiravo quell’aria con una sorta di beatitudine senza quasi accorgermi che nel frattempo, intorno a me, il capannello di persone desiderose di raccontare la propria esperienza si era trasformato in un incontro conviviale a base di arancini e birra. La panetteria, infatti, sfornava di tutto a quell’ora …

Nonostante il mio accento da “polentone” ero stato accettato come uno di loro. Parlavano un dialetto particolarmente familiare e li ascoltavo con piacevole interesse . Qualcuno si mise a raccontare e mimare le gesta dei cavalieri Nixo e Gabriele che si uccisero a vicenda in una cruenta battaglia per la bellissima ninfa Baida e del loro sangue che si tramutò nelle omonime fonti così come la ninfa contesa. La sorgente della ninfa pare alimenti ancora la fontana sita nel convento benedettino costruito da Manfredi Chiaramonte intorno all’anno 1377. Queste fonti sono ritenute da secoli, al pari della terra bianca, detentrici di grandi poteri taumaturgici.

Ad un certo punto, un contadino del luogo ci propose di accompagnarlo al suo podere dove ci avrebbe mostrato una delle sorgenti di quell’acqua miracolosa. Nonostante avesse l’aria furbacchiona accettammo l’invito di buon grado. Percorremmo a piedi alcune centinaia di metri su una strada asfaltata che si inerpicava sul monte con curve strettissime . Poi ci inoltrammo per un sentiero lastricato di pietre grezze e spigolose che si apriva tra due bianche collinette sino a raggiungere una lunga stalla imbiancata con calce, dal tetto basso ricoperto da una congerie di materiali più diversi. Si sentiva l’odore dei maiali ed il loro grufolare all’interno. Il contadino, lo chiamavano zù Totò, si fermò all’inizio della costruzione e, indicandoci un tubetto di ferro infilato a forza nella roccia da cui sgorgava un esile filo d’acqua, ci disse, tra il serio ed il faceto, invitandoci a bere : ” ecco quello che resta della fonte Gabriele” . Uno alla volta, sebbene un po’ dubbiosi, bevemmo con le mani raccolte a coppa. L’acqua era freschissima e il sapore magnesiaco. Zu Totò non bevve ma io, come tutti gli altri, ne approfittai più di una volta … Tra una “ babbiata “ e l’altra ormai si era fatta l’ora di pranzo e zù Totò che conosceva la zona ci propose di tornare in piazza passando per i ruderi del vecchio ospedale quindi ci incamminammo tutti sul sentiero del ritorno. Non lo sapevamo ancora ma, per noi, fu una vera fortuna … Arrivati in vista del vecchio ospedale venni colto da un terribile mal di pancia. Anche gli altri della compagnia erano nelle mie condizioni. Ci mettemmo a correre. Il tempo pareva scorrere troppo velocemente e, ormai, non ce n'era più. E’ fin troppo facile, nella tranquillità delle mura domestiche, lasciarsi trasportare ai limiti dell’universo dalle fantasie di turno. Qua, invece, nel mondo reale è più facile che si debba cedere all’imprevisto. Si sa cosa ci sarebbe da fare nell’immediato ma si rimanda sino al limite del possibile perché la pudicizia vuole altrimenti.

Finalmente, al riparo delle vecchie mura cadenti, crollato il senso della vergogna, chi qua e chi là, ci calammo i calzoni per assecondare quell’imperativo assoluto … quella necessità fisiologica alimentata dal sangue degli eroi e dalla sua meravigliosa ninfa. Di quel tragico ma liberatorio momento conservo ancora un vivido ricordo. Alcuni contadini che lavoravano in un campo di meloni ci avevano visti correre verso i ruderi e , incuriositi, chiesero gridando al nostro accompagnatore che ci aspettava a distanza di sicurezza: “Oè, dunnistannuiennu ? “ e lo udii rispondere ridendo:” Tutti darreri u spitalettu … stannuiennu a cacari! “.

Nel chiedere venia ... The_Hatter

 

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The_Hatter 30 ottobre

L’amore ...

 

A volte, in amor, è giusto dire

ciò che non è ma, fatemi finire,

la verità … lei viene sempre detta …

lo so, ma non ci vuole troppa fretta,

 

posso parer sgarbato se non chiedo:

“come stai amor … come ti senti?” …

Muoio d’amor per te, non sono aedo!

Se non è ver mi pigli un accidente …

 

allor ti prego, non essere agitata

se penso a te come la mia Musa

non farmi chieder sempre scusa

se qualche volta giro la frittata …

 

The_Hatter

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