Profilo BACHECA 3332
Muoviti strisciando
le bianche carni
da lato a lato
come il serpente
perché possa tragugiare
il liquido piacere di vederti mia
Muoviti per il mio godere
per darti al mio vanitoso egoismo
Aggiri le mie barriere con rara sapienza,
t’insinui abilmente tra le pieghe dei miei pensieri più oscuri,
accendendo desidera di sfrenata lussuria.
Nulla sembra ciò che si palesa nitido al verbo.
Vi è un mondo nel mondo che vive di pensieri malvagi,
che nutre la sua perfida essenza con l’inganno dei pensieri.
Vi è un mondo nel mondo a cui tu appartieni completamente
e del quale ne sei l’indiscussa sovrana.
A che serve professare amore
quando questi è solo il tetro riflesso di una tua rivalsa?
Eppure cedo senza remore al livore della tua bocca maledetta
che abile gioca con il mio desiderio di uomo confuso,
eppure ti regalo la mia eterna dannazione in cambio del tuo frutto proibito,
del mio sovrastare pensieri di morte.
Cos’è questo muto accordo che ci lega ad una carne mai paga,
strappata ad un’anima perplessa ed ottusa
che si nega al delirio della ragione?
Oscuri percorsi segnati da albe dolorose
si delineano sullo scenario di vite disordinate,
ormai perse dentro teorie inconcludenti,
ormai private della loro stessa sostanza.
Mondi oscuri,
remote regioni della speranza
dove una bella menzogna vale più di una brutale verità,
dove per vivere non serve il disordinato clangore della realtà
bensì il caldo ottimismo di due corpi avvinghiati
nel quale evaporare questo improponibile amore maledetto.
Coricate sulla sabbia come armento pensoso
volgono gli occhi verso l'orizzonte marino e i piedi
che si cercano, le mani ravvicinate hanno dolci
languori e brividi amari.
Le une, cuori innamorati di lunghe confidenze, nel
folto dei boschetti sussurranti di ruscelli, vanno
riandando l'amore delle timide infanzie e incidendo
il legno verde dei giovani arbusti;
altre, camminano lente e gravi come suore
attraverso le rocce piene di apparizioni, dove
Sant'Antonio vide sorgere, come lava, i seni nudi e
purpurei delle sue tentazioni;
e ve n'è che ai bagliori di resine stillanti, nel muto
cavo di vecchi antri pagani, ti chiamano in soccorso
delle loro febbri urlanti, o Bacco, che sai assopire
gli antichi rimorsi.
Altre, il cui petto ama gli scapolari e nascondono il
frustino entro lunghe vesti, mischiano, nelle notti
solitarie e nei boschi scuri, la schiuma del piacere e
le lagrime degli strazi.
O vergini, o demòni, mostri, martiri, grandi spiriti
spregiatori della realtà, assetate d'infinito, devote o
baccanti, piene ora di gridi ora di pianti,
o voi, che la mia anima ha inseguito nel vostro
inferno, sorelle, tanto più vi amo quanto più vi
compiango per i vostri cupi dolori, per le vostre seti
mai saziate, per le urne d'amore di cui traboccano i
vostri cuori.
Vieni dal cielo profondo o esci dall'abisso,
Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,
dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,
ed in questo puoi essere paragonata al vino.
Racchiudi nel tuo occhio il tramonto e l'aurora;
profumi l'aria come una sera tempestosa;
i tuoi baci sono un filtro e la tua bocca un'anfora
che fanno vile l'eroe e il bimbo coraggioso.
Esci dal nero baratro o discendi dagli astri?
Il Destino irretito segue la tua gonna
come un cane; semini a caso gioia e disastri,
e governi ogni cosa e di nulla rispondi.
Cammini sui cadaveri, o Bellezza, schernendoli,
dei tuoi gioielli l'Orrore non è il meno attraente,
l'Assassinio, in mezzo ai tuoi più cari ciondoli
sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.
Verso di te, candela, la falena abbagliata
crepita e arde dicendo: Benedetta la fiamma!
L'innamorato ansante piegato sull'amata
pare un moribondo che accarezza la tomba.
Che tu venga dal cielo o dall'inferno, che importa,
Bellezza! Mostro enorme, spaventoso, ingenuo!
Se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m'aprono la porta
di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?
Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena,
tu ci rendi -fata dagli occhi di velluto,
ritmo, profumo, luce, mia unica regina!
L'universo meno odioso, meno pesante il minuto?
Nacquero le parole al tramontare della luna,
quando il chiarore del nuovo giorno accenna ad abbracciare la vita.
Fuggono le anime che vivono nell'oscurità, in cerca di un rifugio che possa dar loro ombra e tenebre.
Accadde quella notte che s'incontrarono le nostre anime maledette
nell'odio di una sensazione percepita a pelle per divenire col tempo amore.
Inconsapevoli di generare una forza anormale,
consapevoli di conoscerci incrociando i nostri sguardi.
un gioco fatto di parole e gesti celati dentro il buio delle notti estive.
Viaggiarono le altrui essenze per stabilirsi in te creando cos il tuo animo Vampiro.
Col tuo morso mi hai legato a te in eterno,
trasformata in una parte di te,
e tu, di me.
Due entità viventi in separati mondi
ma che sanno captarsi e sentirsi con un solo sguardo
magnetico e penetrante.
Spettatori incoscienti di quanto accade tra noi,
nulla mai sfiorerà le loro umane menti,
nessuno mai si accorger del nostro essere eterne anime dannate.
Attraverseremo dimensioni lontane separatamente
pur essendo parte di una stessa anima.
Io, te, unico nucleo maledetto.
Sigilla col bacio di sangue questo eterno idillio,
Attendiamo insieme che il tempo passi veloce e ci attraversi lo spirito.
Nel ricordo perfetto di quest'addio lasceremo che a viver siano solo le
nostre eterne affinità...
Al sorgere del sole di noi rimarrà solo polvere.
Talvolta ci sfioreremo ancora, nel tempo, nello spazio, nelle dimensioni.
Anime notturne dannate e solitarie
Devi bruciare
da cima a fondo
e poi magari per un poco
da sinistra a destra
e devi farti strapazzare
le budella
da un teppista
e da dame
indemoniate,
devi correre
sul ciglio della follia
barcollando,
devi bere
un fiume d'alcol,
devi patire la fame
come un gatto randagio
in inverno,
devi vivere
con l'imbecillità
di almeno una dozzina
di città,
e allora forse
forse
forse
per un fugace
maledetto
momento
puoi capire
dove sei.
Nell’oscuro Cielo cristallino galleggiano splendenti le dee del firmamento, stelle serafiche che danzano eteree intorno alla Madre, munifica Luna. Anime austere d’antico bagliore, regnanti silenti della volta celeste. D’ordine intrise, con sommo zelo, sempre a seguire ogni ritmo lunare. Ma ve n’è una fra tante, dalla funambolica mente, che soleva sorprendere con insolite gesta. Helel è il suo nome, dolce stella ribelle, il cui nobile cuore di passioni si accende. È un giorno assai lontano quel che oggi andiam narrando, un giorno senza nubi, ma che alle stelle diede affanni. Gli astri diligenti come sempre ancor danzavano, al cospetto di quella Madre che parea lontan miraggio. Ma d’un tratto la più gioiosa fece un balzo oltre il cerchio, oltrepassando il firmamento ove la danza largheggiava. Era Helel, eroica stella, che sotto gli occhi delle antiche sorelle, scrutava ammaliata l’oscuro infinito. V’era in quell’Abisso un arcano custodito, oltre il nero orizzonte la promessa di un regno a lor negato.
Smunte nella tenèbra
entro a sudari, pallide stelle
le loro torce agitano.
Fatue luci dai più remoti cieli schiaran fioche,
archi su archi svettanti,
la navata della notte nera di peccato.
Serafini,
le osti perdute si svegliano
a servire sino a che
in illune tenèbra ognuna ricade, smorta,
levato che abbia e agitato
E a lungo e alto,
per la notturna navata che si estolle
battito di stelle rintocca,
mentre squallido incenso gonfia, nube su nube,
ai vuoti spazi dall’adorante
deserto d’anime.