Tutti seduti intorno al focolare,
su quelle sedie di giunchi impagliate,
enormi, ruvide e troppo consumate.
Gli occhi riversi a guardar la fiamma
E quei tizzoni che cambiavano colore,
mentre l’umida legna diffondeva un aspro odore.
Dentro una vecchia pentola coi buchi fatti a mano,
aspettavam le castagne che stavano ad arrostire
intanto le nostre pallide guance sembravano arrossire.
Le mani tese verso quel calore,
ascoltando storie, favole e novelle,
la nonna raccontava, sempre le stesse, ma sempre tanto belle.
L’odore era cambiato, si alzava un aromatico profumo,
scoppiettavano le castagne danzando nel tegame,
il nostro languore si trasformava in fame.
La mamma con uno straccio il manico inforcava,
cadevano poi, fra le mani calde e fumanti
tutti ne mangiavamo, forse erano poche o forse eravam tanti.
Sbucciava, il nonno, lentamente un giallo agrume,
attento a non spezzar la buccia,
sembrava una biscia, sopra il fuoco, appesa ad una gruccia.
Si mescolava, lo scoppiettar del fuoco, al fruscio delle castagne
l’aroma delle caldarroste insieme al giallo agrume.
Il sonno si faceva strada al chiaror di un vecchio lume.
Ci accompagnava la madre, nelle stanze, mentre sopra le scale,
si disegnavano ombre di forme sempre diverse e scure,
noi finalmente prendevamo sonno dentro quelle pareti fredde, ma sicure.