Trascurando austere occupazioni
tutto mi ti consegno,
dolce passione del gioco,
sia lo scrivere per trastullo
versi da non comunicare
sia affidarmi alle carte,
ai ben torniti dadi,
sia accarezzare i pezzi
del nobile gioco degli scacchi.
E fremo quando ho il tratto,
o quando son di mano.
Oh, suadente mischiare delle carte
e distribuirle ad una ad una,
a cinque a cinque, incomparabile
visione d'assi, poker, full!
fiches colorate o tintinnanti soldi;
bello è anche inventare
un giuoco nuovo, ricombinando
leggi vecchie, come versi.
Sessantaquattro caselle di
scacchiera
sono infiniti ripostigli
nel mio cuore.
Il nostro è tempo di creazione,
non dettato da leggi altrui,
sono infinite le
modulazioni del piacere
su piste e tavolieri.
Il suono cupo dei dadi nel barattolo
è tempo scandito sulla fine,
forse parte di qualche eternità.
Abbiamo rubato il diletto
ai nostri dei, cui solo era permesso
di giocare e rigiocare la partita:
"Ora giochiamo a ciò che è":
da ciò nacquero,
forse, le costellazioni
il cielo, il mare
la storia degli uomini
o dei pesci.
A tutti il creare è dato,
nel gioco.