Click
Colpi di testa, è quello di cui hai voglia.
Lui ti parla fitto, ridendo da solo con quel sorriso pazzo
a denti stretti e quella maglietta a righe orizzontali colorate,
inopportune, che disegnano un ex fisico.
Tu fumi aspirando forte, veloce, creando una lunga cenere
che non getti via come vorresti fare con il resto.
Sorreggi la sigaretta con la mano destra avvicinandola alla bocca,
stringendola con il bordo estremo delle labbra.
Mi guardi per un attimo facendo i tuoi conti.
In fondo sei bella con quegli occhi neri e i capelli vaporosi.
Alta e magra, poco formosa e rassegnata.
Lui individua in me il soggetto adatto
e mi chiede di scattargli una foto porgendomi
una di quelle macchinette moderne,
strette come una moneta e leggere come un colibrì
che all’occorrenza si usa per telefonare.
Vi disponete a bordo piscina avvicinandovi,
fingendo divertimento, scatto con forza.
“Ne faccio un’altra per sicurezza”
mi trovo a dire come m’importasse davvero.
Ora lui controlla il risultato con la faccia da saputello,
io osservo te con la faccia del cattivo bambino.
Ricambi sorridendo trattenendo un po’ il respiro.
“Proviamone una senza flash perchè non si vede lo sfondo.”
ordini con quel tuo sorriso idiota che mi sembra,
chissà perchè, di conoscere da una vita.
E’ ovvio, è notte cosa ti aspettavi?
Penso forte tanto che ho l’impressione di averlo urlato.
Scatto di nuovo con la consapevolezza di fare un pessimo lavoro.
Vi allontanate con una sbalorditiva soddisfazione nei sorrisi
tornando ai vostri problemi che una foto non può certo risolvere.
Mi lasciate a bordo vasca vuoto come un serbatoio abbandonato,
le luci riflesse nell’acqua che assiste senza esprimere giudizi.
Domani sarà piena di gente e schizzi umidi si libreranno nell’aria,
tutti, in amara attesa dell’inevitabile caduta
Profilo BACHECA 38
Vago per Roma
lontano da me mi nascondo sempre più negli anfratti profondi nelle grotte buie dell’anima e a volte grido nel rimbombo feroce dell’ego e poi attraverso le strade di questa città fingendomi vivo con la corazza scintillante d’argento dei generali romani con gli addominali finti e i pettorali glabri e la tempesta mi coglie impreparato così corro verso quel bus che sembra proprio il mio in un giallo sfumato di muri antichi e vecchi intenti che mi incitano nella corsa che attira i curiosi e i mostri di pietra dei palazzi con facce di grifo e di leone e le scritte fasciste incise con orgoglio farsesco ancora lì a prenderci in giro grondanti di sangue sbiadito e malamente dimenticato
cazzo, il biglietto del bus
Tutto Sembra misurabile
Sembra tutto misurabile.
Sai, quando ci allontaniamo da qualcuno o al contrario, quando qualcuno si allontana da noi e cambiano le proporzioni? Non sto parlando in senso figurato, parlo proprio di allontanamento fisico, misurabile in metri o yards se preferite. Avete mai osservato qualcuno che conoscete bene dall’alto e lo vedete rimpicciolire mentre si allontana? Sembra prendere forme strane. Un uccello variamente colorato che annaspa sulle due gambette, un bastone simile ad uno stecco in balia del vento, un essere alieno che si è perso nello spazio e forse anche nel tempo. Ma a cambiare non sono solo le proporzioni e la forma, esso sembra confondersi con l’ambiente circostante, sfuma nei contorni e nella sostanza. Non è più la persona che pensavamo di conoscere, è parte essa stessa del tutto che ci inghiotte. Spariscono le parole, i sentimenti, il rumore. Tutto si mescola e la melassa assume colori difficili da decifrare. Come una nebbia possente, come un dipinto di Turner.
Brutto Trip
Sbatto gli occhi per prender tempo, scuotendo un po’ la testa come dovessi soppesare qualcosa d’importante.
So che sei concentrata sulla mia risposta…
ma cosa cazzo mi hai chiesto?
Non sai che vorrei soltanto morire, in modo civile, senza rumore e senza sporcare troppo.
Butti fuori aria, le pieghe intorno la bocca accennano ad un sorriso, le spalle arcuate e protese in avanti.
Forse sono salvo.
“Eeeeehmmmm… posso avvalermi della facoltà di non rispondere?”
“Ma sei scemo?” urli forte.
“Si” taglio corto, così me la tolgo dalle palle.
Peccato sia andata via, avremmo potuto giocare al dottore.
Bombe!
La testa sotto la tua maglietta
il profumo e il tepore della pelle.
Quante volte avrei voluto morir così
chiudere gli occhi e non esserci più
dissolto in quell’ovattato mondo
buio, caldo, sereno, pieno.
Un utero nel quale sprofondare dimentico di me
e dell’esterno accecante
e delle banalità quotidiane assurte a trofei da conquistare
e delle maschere da indossare per non mostrare il vero volto
e delle ingiustizie
e del fango di uomini corrotti dal proprio ego
e di guerre
di bambini malati
di mani tese mozzate senza pietà
di bombe
di sangue
basta!
Consapevolezza
Entro sul terrazzino di soppiatto, Lupa è di spalle guarda l’orizzonte…
Si volta, mi osserva, apre la bocca e lascia uscire la lingua che sembra di stoffa, sorride…
Che strana coincidenza essere lì in quel momento uno di fronte all’altro.
Quale mano ha guidato questo evento?
Quanti fattori hanno contribuito a creare quest’attimo?
I nostri reciproci genitori… cosa li ha spinti ad un incontro che avrebbe generato due esseri così diversi che un giorno si sarebbero trovati sul quel terrazzo in un pomeriggio caldo?
Circondati da uno strano silenzio, legati da uno sguardo ipnotico, ricco di incomprensioni e affetto.
Quante cellule si sono combinate e perché proprio quell’ovulo e quello spermatozoo si sono fusi?
Quante probabilità c’erano che un piccolo cambiamento modificasse il corso di una vita e di tutti gli eventi ad essa correlati? E tutto il mondo attorno? Scenario di cartone o espressione massima di energia fatta materia e vita? Ma cosa cazzo è la vita?
Mi sdraio direttamente sul pavimento, osservo il cielo e le nubi alte, stratificate che inconsapevoli vanno verso la loro fine…
Quante volte ho vissuto così, inconsapevolmente, alla cieca, procedendo a tastoni e tentativi, cadendo e rialzandomi piangendo o semplicemente in silenzio, con sempre più forza e sicurezza verso una meta sconosciuta e forse da un po’ anche agognata.
Lupa poggia una zampa sul mio petto, vuole attenzione, non capisce o forse si…
Abbaio forte
Seduto sul pavimento del terrazzino respiro lento,
cerco di comprendere lo scambio di elementi che rinnovano la vita al mio interno.
Nuvole basse corrono veloci, l’orizzonte placido fino al mare taglia netto il confine.
Lupa mi gira intorno, annusa, mi guarda fisso negli occhi, non capisce.
Non capisce perché sono poggiato sulle natiche a gambe incrociate,
non capisce perché non ululo al cielo i miei stati d’animo.
Afferra una palla ovale e me la batte contro cercando di scuotermi.
Le sorrido, passo una mano sul suo manto peloso e morbido, sul muso affusolato e bello.
Ci guardiamo fissi negli occhi, un lampo di comprensione profonda ora ci attraversa.
Pace!
Scatta d’improvviso, un suo simile lontano abbaia, lei risponde con gusto
e si volta cercando la mia approvazione. Ha ragione.
A quattro zampe la raggiungo, abbaio forte anch’io.
Al cielo, ai palazzi, alla gente, alle auto puzzolenti,
al mondo così bello e indifferente, abbaio forte.
Lei scodinzola felice, felice anch’io.
Farsa luce
A vorte vedo tutto più nitido
'sti tralicci dentro 'sta scatola de cemento armato
'sti tubi fissi lì, controvoja, curvati addosso a le pareti,
pieni de liquidi e de gasse
un po' come noi animali padroni de 'sto monno
adattati a le regole, pieni d'aria e de parole,
intenti a lucidasse l'anima d'ottone
a risplenne de farsa luce
all'occhi de chi ce vede
In-contro
Mi accogli con un sorriso, lasciando in aria l’azione che stavi compiendo
Ti sorrido dietro gli occhiali scuri con interesse
Mi parli con calma affascinante
Non trattengo lo sguardo che si poggia sul tuo seno
Aspetti qualcosa
Mi devi aver posto una domanda
Ti sorridono gli occhi nell’attesa
Smonto gli occhiali lentamente
Non ti trattieni più e scoppi a ridere
Rido anch’io forse solo perché esisti
Ripeti parole come musica armonica
Realizzo, rispondo alla bene e meglio
Non ridi più, diventi formale, tracci segni su un foglio
Già ti amo
Mi porgi la mano destra
La catturo sperando sia per sempre
La scrolli e con una piega leggera delle labbra mi saluti
Mi giro gelato, torno all’inferno.
Negativo
Un bianco e nero sputato
forte e trasparente allo stesso momento
importante e da seppellire come un escremento
da filtrare con lenti prismatiche
da bere come una pozione fatale
e ci cammino dentro
strascicando i piedi controvoglia
spalmando sorrisi simili a paresi
simulando interessi e finte passioni
il sole mi scalda il ventre
le nuvole mi beffeggiano con la loro bellezza
l'indifferenza è un brivido che scuote
una lastra d'acciaio gelido al mio interno
crea attese bramate di una fine lenta a venire
implacabile come la lama di un boia
ed ecco i miei vestiti le mie scarpe
indosso un profumo che mascheri il corpo in putrefazione
e mi getto nella mischia cercando il mio angolo
la tana dove poggiare le spalle indifese
dove dormire tranquillo aspettando la fine
ricordando l'amore e l'amicizia
le speranze e le paure
le tue mani e il tuo sesso
il corpo e la tua anima...
e poi non è vero niente di tutto questo
ma la verità è un'altra storia
che vorrò delirare in altri momenti e in altri luoghi
se ne avrò voglia e forza.