L’estroversione tamarra
In un’epoca in cui l’apparenza sembra prevalere sulla sostanza, si assiste alla crescente legittimazione di un modello comportamentale e stilistico che potremmo definire “tamarro estroverso”. Questo archetipo, spesso celebrato dai media e dalla cultura popolare, si distingue per una comunicazione iperbolica e per l’ostentazione di simboli forti, talvolta al limite del violento: cani da guardia come status symbol, abbigliamento aggressivo, toni vocali volutamente minacciosi.
Tale estetica dell’eccesso non si limita al comportamento individuale, ma si riflette anche nei consumi. L’industria automobilistica, ad esempio, strizza l’occhio a questo pubblico con veicoli dotati di alettoni, spoiler e minigonne, come se ogni strada fosse una pista da corsa. L’abbigliamento segue lo stesso copione: cappellini con visiera indossati all’indietro, biancheria intima esibita come accessorio di moda, e un linguaggio spesso trascurato, in cui l’uso scorretto dei congiuntivi e la pronuncia marcata della “s” diventano tratti distintivi.
I media, lungi dal contrastare questa deriva, tendono a coccolare e vezzeggiare tali figure, anche nella loro declinazione femminile, contribuendo a consolidare un modello che rischia di marginalizzare chi, al contrario, si sforza di vivere secondo le regole della civile convivenza, del rispetto e della misura.
Questa riflessione non vuole essere un giudizio morale, ma un invito a interrogarsi su quali valori stiamo promuovendo come società. In un mondo che premia il rumore, la sobrietà rischia di diventare invisibile. Eppure, è proprio nella discrezione che spesso si cela la vera forza.