In un Mondo che va di corsa, si fa presto a tornare estranei, a volte senza neanche aver mai smesso di esserlo.
Profilo BACHECA 17
"Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.
Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
perché dalle loro parole non diramarono fulmini
non se ne vanno docili in quella buona notte...
Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
s'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.
E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce."
Mi è tornata in mente, merito di Interstellar il fatto di conoscerla, pensando a quanti si mortificano pensando, per quella educazione all'umiltà e alla verecondia, che sia disdicevole persino ambire alla felicità. E invece dovrebbero amare loro stessi e gloriare la loro ricerca della felicità. E non c'è niente di egoistico o deplorevole visto che, in fondo, solo chi fa felice se stesso, può davvero fare felici gli altri.
A breve sarà la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Lo scorso anno avevo scritto un post e un articolo, che voglio ricondividere...
Ovunque leggo che bisogna educare gli uomini, i figli maschi. No, bisogna educare se stessi e, soprattutto, educare le donne, le figlie.
Educare se stessi a essere genitori che si rispettano reciprocamente, perché non si può più insegnare ai figli che l'amore è sofferenza, che la donna è forte e ce la può fare... Basta fare poesia e fare dramma su tutto. C'è un diritto a essere felici. Se vi piace tribolare, non fate figli. Se non siete felici, uscite dal vostro ménage, che non è una prigione.
Educare le figlie perché imparino a pensare a loro stesse, a volersi bene, a essere deboli, che non c'è niente di male, a essere egoiste, che la prima forma di carità inizia da se stessi, a sbagliare senza temere giudizi, a prendere il giusto dei giudizi senza temerli e senza farsene piegare, a chiedere aiuto o disdegnarlo se sanno cavarsela da sole. A usare il pensiero critico. A amarsi senza temere di essere ritenute immodeste, arroganti o che. A tirarsi indietro quando qualcuno le sta trattando in un modo che le svilisce o mortifica o spaventa. Subito, non dopo mesi. Perché un folle è da biasimare, ma probabilmente non ha la lucidità di comprendere la sua follia. Ma una persona che riconosce la follia e ci rimane accanto è ancora più folle.
Educate le vostre figlie a volersi bene, a pensare di meritare tanto. E questo passa anche attraverso le madri, che spesso, restando accanto a mariti che non le rispettano, crescono figlie convinte che a una donna possa bastare avere un uomo vicino, a prescindere da come si comporta con lei.
E basta con questa cultura che ci vuole resistenti, basta con le poesie sulle donne e la loro forza e le canzoni, basta davvero... Che a fare poesia c'è chi pensa seriamente che ci sia del poetico in tutto questo, a essere eroine e martiri.
Educate voi stesse e le vostre figlie a saper misurare il loro valore. Senza sminuirle, che è finita l'epoca della verecondia da buone cristiane.
Ed educate le vostre figlie a non lasciare sola un'amica ubriaca. A portare con loro quei dispositivi che fanno partire subitaneamente un allarme con tanto di possibilità di essere geolocalizzate.
Insomma, lasciate perdere di educare gli uomini, che ci proviamo da anni con scarsi risultati. Iniziamo a educare le donne, noi stesse.
https://randomwalkmode.wordpress.com/2023/11/22/educhiamo-noi-stessi-le-figlie-le-donne/
Un articolo perfetto, scritto per raccontare il mio fumetto preferito, preferito perché intelligente, divertente e, a volte, tenero.
https://ilmiolibro.kataweb.it/articolo/scrivere/207968/calvin-hobbes-il-salinger-del-fumetto-che-incanto-lamerica-e-poi-spari/
Il tratto distintivo degli animali umani, per me, è sempre stata la cosiddetta Umanità. Quella dell'humanitas nel senso terenziano della parola, quella secondo cui, in quanto essere umano, niente di ciò che sia umano mi è estraneo. Un po' come dire l'empatia, ma non quella della congerie di empatici che nemmeno sanno cosa stanno nominando, ma quella vera, quella che fa rima con l'accoglienza e l'intelligenza emotive, quella che significa saper mettersi nei panni dell'altro.
https://randomwalkmode.wordpress.com/2024/10/28/i-valori-muovono-le-azioni/
Ieri pensavo alla verità, a quelli che ignorano una persona non perché non sappiano gestire quella persona, ma perché non in grado di gestire loro stessi in relazione a quella persona, in relazione alle cose che dice loro, alla necessità di considerare quanta verità ci sia in quanto si sentono dire.
C'è una frase che mi piace tanto, nella versione originale il riferimento era alla vecchiaia, ma dal mio punto di vista anche la verità non è roba per ragazzine.
E mi fa sorridere che tutti la chiedano, la desiderino, vituperino ipocrisia e menzogna, e poi, messi davanti alla verità, cerchino di sfuggirle.
Ma il bello della verità è che è perfetta così, non è lasca, non lascia spazi vuoti attraverso cui far passare un'obiezione.
Certo, dall'altra la verità richiede consapevolezza, onestà verso se stessi, a volte è faticosa, ma quanto è vera la frase che la verità ci rende liberi.
"Da grande voglio essere proprio come me."
Fatto.
E le chiacchiere superficiali, i consigli retorici tirati a lucido, le opinioni di chi cerca di ridurre gli altri ai minimi termini, per non sentire, nel confronto, il peso della sua pochezza, se li porta il vento.
Mio padre mi diceva Acqua davanti e vento di dietro, quando qualcuno cercava di farmi sentire piccola, era il suo modo di dirmi che quell'individuo era preferibile che prendesse il largo. Ma mi piace pensare che fosse anche un modo di spronarmi a riprendere il mio viaggio, con il mare aperto davanti al mio viso e il vento propizio a gonfiare le vele.
... Ora pensa alla risposta più corretta alle domanda della notte passata. E al peso dell’assenza, e spera di avere un peso almeno come assenza, dopo aver annullato il suo silenzioso esserci scrollando via le lacrime nascoste che lui non avrebbe sentito neppure se gli fossero piovute addosso. È acqua passata, che ha lavato via molto, tranne i ricordi e quella parte della loro storia comune, la parte scritta dai sensi e dalla condivisione. Storia che ora fa meno male, e lei può tornare a pensarci e sorriderne un po’.
L’importanza di sapersi raccontare, sfumare passioni, ritrovare dettagli, dare il giusto peso alle proprie pagine. A volte provo tenerezza, raccontandomi.
“C’era qualcosa di erotico in quel cupo cielo invernale, con quella fitta coltre di nuvole, il grigio, il vento freddo. Tutto sembrava fatto apposta per spingere a cercare la pelle dell’altro. In quel colore grigio sconfinato, veniva voglia di chiudersi a lungo in una stanza. E in quella stanza, abbandonarsi a un piacere senza limiti, come se fosse l’unico posto al mondo dove poterlo fare.”
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Qualche riga di un vecchio racconto, dedicato a dei giorni di un Autunno trascorso tra pioggia chiusa fuori e dentro film, anime, musica, pareti rosse, piadine e crema di whisky, e una citazione di Banana Yoshimoto, tratta da un libro il cui titolo è perfetto, "Ricordi di un vicolo cieco".