Il diritto all'ingenuità
Stamattina – è passato un giorno, quindi ieri mattina - ho passato la periodica visita oculistica, un occhio risponde bene alla cura, l’altro, come ha specificato il medico, è in sofferenza.
Un nuovo farmaco più potente, la cura da seguire.
La situazione è per il momento sotto controllo, se così può si può dire. Rimane, però, la sensazione che con l’età e il tempo che passa le cose sono destinate a degenerare. Inevitabile sembra l’idea che:
Nulla tornerà come prima!!!
Non saprei se vestire questa frase di bene o male? Forse dipende dal contesto. È certo, però, un pensiero, quando qualcosa si rompe, rimangono solo frammenti e cocci.
A volte non sapere è conciliante, come il sonno di un giusto.
In queste settimane non ho scritto.
Ed oggi non mi dilungherò con i miei soliti pensieri.
Mi limiterò e concluderò con la frase che avete letto pochi istanti fa:
Nulla tornerà come prima.
Tanto per scrivere qualcosa.
Sabato mi sono ritrovato – come sempre – a passeggiare con Frida, c’erano parecchie persone in giro.
E come sempre, la sensazione di isolamento, è viva.
Per usare una metafora, mi sono sentito come un’isola nel vuoto della vita, un vuoto anormale.
Ho scattato una foto giorni fa, una foto che si presta ad esser usata, in questo contesto, egregiamente.
Una nuvola isolata in un cielo azzurro.
I più forse avranno osservato la bicicletta. È in primo piano, naturale che attiri l’attenzione, se andata oltre, però, la vedrete la nuvola.
Dettagli!
Mi ha sempre attirato l’isolamento. L’occhio (il mio) cade sempre su quell’oggetto o quella creatura isolata dal contesto. Un particolare, apparentemente isolato, che rende unico l’oggetto o la creatura.
Il pretesto dell’isolamento porta la riflessione ai particolari.
“I paranoici attribuiscono un’importanza enorme ai particolari più insignificanti del comportamento altrui, quelli che generalmente sfuggono alle persone normali.”
Sigmund Freud
In questi giorni, spesso, mi sono sentito dire che una persona normale ragiona o agisce in maniera diversa.
Persone normali!!!
Le sapreste riconoscere?
Sareste capaci di definirne l’essenza?
Il carattere?
Le peculiarità morali ed etiche?
Normalità!!!
Non è normale!!!
Nella mia lunga – ma non troppo – vita, mi è stata detta tante volte questa frase: Non è normale.
Non è normale che mi comporti così.
Non è normale che non ti relazioni con nessuno.
Non è normale che …. che …. che ….
Io osservo i dettagli, sono sempre un’artista, oso definirmi tale, e nascosto nel mio isolamento, ho sempre osservato la normalità che fluisce attorno a me.
“In natura non esiste nulla di così perfido, selvaggio e crudele come la gente normale.”
Herman Hesse
Potrei convenire senza rigurgiti di rimorso, con la frase di Hesse. L’esperienza e la storia mi testimoniano questo sinonimo.
Normalità = crudeltà.
Esiste un mito greco che s’incastra perfettamente con questa mia ultima riflessione
Zeus – padre degli Dei – adirato per l’offesa perpetrata da Prometeo che aveva osato rubare il fuoco dall’Olimpo per donarlo agli uomini. Decise di punire sia Prometeo che gli uomini.
Condannò Prometeo a essere incatenato per l’eternità a una roccia sulle montagne del Caucaso e ordinò che ogni giorno un’aquila gli divorasse il fegato. Ogni notte però il suo fegato ricresceva, così che l’aquila potesse tornare a divorarlo il giorno seguente.
Per punire gli uomini, invece, ordinò a Efesto, il dio del fuoco e fabbro degli dèi, di creare la prima donna mortale: una ragazza con bellezza, grazia e doti straordinarie. Efesto eseguì l’ordine e modellò una fanciulla con un impasto di creta e acqua. Poi, ciascuna divinità dell’Olimpo contribuì donando alla ragazza una virtù. Atena, le insegnò l’arte della tessitura; Afrodite la rese bella e desiderabile; Ermes la rese spudorata. La ragazza fu chiamata Pandora, che in greco significa colei che dona tutto.
Ermes, il dio alato messaggero degli dèi, portò Pandora tra gli uomini. Epimeteo, lo sprovveduto fratello di Prometeo, la vide, se ne innamorò e la sposò.
Zeus inviò come regalo di nozze un vaso, raccomandando di non aprirlo per nessun motivo. Pandora, invece, che aveva ricevuto da Ermes il dono della curiosità, lo aprì per vedere cosa contenesse.
Fu così che dal vaso aperto uscirono e si diffusero tutti i mali e le sciagure che affliggono l’umanità: la fatica, la malattia, l’odio, la vecchiaia, la pazzia, l’invidia, la passione, la violenza e la morte, cambiando per sempre l’esistenza del genere umano.
La vendetta di Zeus si era compiuta, ma non completamente perché sul fondo del vaso era rimasta la Speranza, che uscì per ultima per alleviare le lacrime e le sofferenze dell’umanità.
Esiodo – VII secolo a.C.
Nella quotidianità e nel lessico comune aprire il vaso di Pandora significa mettere alla luce tutta una seria di problemi che scatenano una sequela catastrofica di conseguenze inevitabili.
Di vasi ne ho aperti tanti. E anno dopo anno, hanno eretto una torre fatta di cocci che ha isolato la mia natura, deformando il vincolo che ogni umano ha innato, il vincolo della relazione, il vincolo della comunicazione.
Un risvolto positivo nel mito di Pandora, però, esiste: Pandora non condanna il mondo, ma lo fa rinascere con maggiore consapevolezza. La bolla che avvolgeva un’umanità che non conosceva il dolore viene fatta scoppiare e nonostante il primo impatto sia stato catastrofico, alla fine arriva la speranza.
L’ultimo volto del cuore.
La veste che l’amore indossa nel suo lungo cammino per riunirsi all’altra metà di sé stessa.
I particolari rendono la visione unica. Piccoli atti che nell’insieme non sono nulla, ma nel dettaglio di un gesto, una frase, possono aprire una porta o un vaso.
Da quella porta possono, certamente, uscire mostri e fantasmi, ma se si resiste l’ultima ad uscire sarà la speranza.
“Per essere veramente un grand’uomo bisogna saper resistere anche al buonsenso.”
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Resistere!!!
Ecco il secreto della vita.
Di certo della mia vita.
Resistere alla normalità, al suo sguardo, alle sue non pacate carezze, alle sue espressioni sanguinarie e al suo sorriso custode di una gelida ossessione.
Una riflessione dolce e contemporaneamente amara. Probabilmente, qualcuno cogliere la vitale e sfuggente speranza, altri l’inevitabilità della resistenza e la sua inconciliabile fatica.
Non avevo nulla da scrivere e nulla da dire, proprio per questo le parole si sono accodate e radunate.
Sapete!? Alla fine, la mente mi chiede di domandarmi.
Dove i miei occhi trovano la dolcezza? E dove l'amara fatica?
Eccomi di nuovo, pochi giorni sono passati dall’ultimo post.
Un post, forse, inusuale come una cara amica ha notato. Inusuale più che altro per il contesto che si viveva quel giorno - San Valentino - una coincidenza in verità.
Non racconterò altro, se avessi voluto avrei liberato i commenti, non c’è in realtà nulla da dire, un accumulo di fattori, può capitare di dover liberare ciò che reprimi da giorni, addirittura mesi. A pagarne lo costo è stata la mia arte, sempre stato così, mi premuro d’esser sempre solo quando esplodo, non è mai stata mia intenzione far male a nessuno, se non a me stesso.
Come continuare, ora, posso restare nel contesto e mantenere la linea degli ultimi post.
Una pessimistica e disillusa visione di questa società, tanto per regalarvi un sorriso.
Ieri pomeriggio mentre uscivo Frida per la sua passeggiata quotidiana, mi sono ritrovato ad assistere ad un’altra scena d’ordinaria inciviltà.
Camminavo Tranquillo, quando imboccando una via vedo un’auto dei vigili urbani ferma a lato della strada e una vigilessa che gira attorno ad un’auto posteggiata praticamente in mezzo alla strada.
Le auto in transito riuscivano a passare, lo spazio era abbastanza per una macchina, non per qualcosa di più grande, tipo un autobus.
E di fatti un autobus era fermo, bloccato, incapace di passare. Attorno si era formata una piccola folla, vedevo la vigilessa chiedere se qualcuno conoscesse il proprietario dell’auto, persino a chi s’affacciava dal balcone richiamato di certo dal clacson del bus. Sono rimasto una 15 di minuti a osservare la rabbia dei passeggieri del bus e la rassegnazione della vigilessa costretta a chiamare il carro attrezzi.
Che dire?
Non era neanche questione di posteggio selvaggio, solo e semplice menefreghismo, un fregarsene delle regole sociali e della convivenza.
Uno stronzo che crede di poter fare quel che vuole.
Occupandomi di arte ho avuto la fortuna di studiare il bello e scoprire cosa può riuscire a fare una mente e un cuore se sono ispirati. Si rimane senza fiato nel contemplare il virtuosismo che possono generare.
Quando poi è l’amore a ispirare melodie e colori, i loro frutti toccano l’anima.
Ma ho visto anche il brutto. L’arte tramanda quel che l’artista testimonia. Spesso, io stesso, ho creato ispirato da eventi che la società ha vissuto. Per quale motivo sentiamo il bisogno di dare forma, colore e voce alla vita che ci circonda, non lo so?
Posso immaginarlo, intuirlo.
Guardando i brandelli di tela, mi sono sentito pervaso da una sensazione di stupore, come se non avessi alcuna risposta alla domanda:
Perché l’ho fatto?
Che cosa rimane di noi? Che peso hanno le parole che abbiamo detto?
Da tempo mi sono accorto che tra quel che dico e quel che faccio a volte c’è una distanza immensa.
Quando mente e cuore non sono sullo stesso sentiero, cosa accade all’anima?
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.
Vincenzo Cardarelli
Eccomi ancora una volta. Anche questo nuovo post sarà un po’ pesante, per lo meno dal mio punto vista.
Contenuto vietato ai minori di 14 anni.
Abitudini.
Di certo avrò già scritto in passato qualche riflessione sul tema, è abitudine tornare su pensieri già vissuti.
“L’enorme carico di tradizioni, abitudini e costumi che occupa la maggior parte del nostro cervello zavorra impietosamente le idee più brillanti e innovative.”
Josè Saramago
Vecchi e nuovi aforismi, perle gettate qui e lì. Un'altra mia abitudine.
Non è semplice percepire i nostri comportamenti e come un’espressione matematica, estrarli dalla formula. E da quella formula, tra gesti e parole, riconoscere le variabili e le costanti che ne incatenano la logica.
Stamattina mi è capitato di assistere ad una scenetta che non saprei definire.
Nelle ore che passeggio Frida, mi capita d’incrociare di continuo runner e ciclisti che corrono. Uomini e donne che, a passo di marcia, mi sorpassano a destra e a sinistra.
Oggi! arrivato in piazza, vedo una giovane ragazza, che fa piegamenti su una panchina. Esercizi, molto probabilmente per sciogliere l’acido lattico o mantenere i muscoli caldi dopo la corsa.
Ad una decina di metri, un gruppo di uomini, quattro per l’esattezza, la fissano ridendo, come si suol dire, sotto i baffi.
La ragazza in tenuta sportiva indossava una tuta molto aderente. Le temperature sono quasi primaverili dalle mie parti, è comune quindi vedere ragazze e ragazzi vestiti con tute aderenti - ideali per la corsa - sovente con braccia e gambe scoperte anche in questa stagione.
I movimenti della ragazza erano, se visti fuori dal contesto, abbastanza sexy, oserei dire erotici, si piegava a gambe divaricate, mostrando in tutta la sua tonicità il sedere.
Non è la ragazza che ho visto, ho condiviso questo scatto preso dalla rete solo per far capire cosa quei quattro uomini vedono.
Un paio di volte ho visto due dei quattro uomini toccarsi i genitali, probabilmente in tutto questo non c’è nulla di male, un po' d’imbarazzo io, però, l’avrei provato. Tante che i quattro ad un certo punto si sono avvicinati costringendo la ragazza accortasi del siparietto a riprendere la corsa, credo, un po' infastidita.
Brutta abitudine, per l’uomo, questo comportamento. Il voyerismo è comune tra gli uomini, per molti potrebbe anche avere una logica e una sana utilità. Perché si sa! Guadare è sempre meglio che toccare.
L’uomo è attratto dalle forme della donna, è un fatto chimico. Le rotondità della donna sono una selezione naturale da parte dell’evoluzione. Lo scopo? Attrarre il maschio riproduttore che è in noi.
A volte mi chiedo?
L’istinto a tradire è frutto dell’occasione che fa l’uomo ladro?
O è frutto della sua natura, frutto di quello sguardo intriso di libido e ormoni che non riesce a distogliersi da una scollatura o uno spacco?
Non sono perfetto, ho una moltitudine di difetti, il tradimento, per lo meno quello legato alla coppia, non mi è, però, mai appartenuto. Capita, sì, che l’occhio a volte cade, la moda attuale è troppo appariscente a volte. La mia natura riservata non mi ha, però, mai permesso di approcciarmi con altri esseri umani in maniera naturale, ho difficoltà già solo a trovare le parole per iniziare un dialogo, pensare a fare sesso con chi ho davanti non si è mai, neanche, palesato nell’anticamera dei miei pensieri. Triste? Per alcun teste di cazzo di certo. Ne conosce parecchi che mi considerano un fesso, per alcuni (umani legati dal sangue) persino un frocio. Ho visto stupore e sollievo anche nei miei parenti più stretti, il giorno che ho presentato la mia compagna. Abitudini che si percepiscono.
E devo scrivere da quel che ho vissuto e vivo, che era ed è ancora oggi, in certi ceti, un’abitudine per il siciliano essere maschio e virile.
Se c’è una donna o ragazza avvenente, con le forme ben in vetrina, è quasi un rito provarci, quasi un dovere guardarla come se mai donna avesse messo piede sulla terra. E alle donne piace tutto questo, magari non a tutte, ma a gran parte sì.
Da ragazzo, poi, non avevo un bel rapporto con il mio corpo, è questo frena nell’approcciarsi con l’altro sesso e mette davanti a noi a me in questo caso, tante inibizioni.
Le ha messe per lo meno. La maturità aiuta, l’esperienza aiuta, nel tempo qualche trucco s’impara.
Al di là di quel che si dice, di quel che diciamo noi timidi, noi sfortunati o sfigati, la solitudine non è mai una conquista, quando, invece, una eredità giunta per caso.
La brutta abitudine di sentici soli, non è poi così costante.
Aggiungo inoltre, che chi dice: “sto bene da solo o sola”, in realtà mistifica la verità e muta il vero significato della solitudine.
Perché di fatto non si è mai soli.
Siate onesti e oneste con voi stessi/e.
Le volte che si dice: “io sto bene da solo o sono sempre stato bene da solo o da sola”, in realtà non si vive la solitudine, ma una sorta di evasione da uno scorcio di vita, che vuoi o non vuoi, ci ha segnato e continua a segnarci.
Ritagliarsi un paio d’ore di solitudine, o un giorno, o persino una settimana, non basta a dare forma alla solitudine e alle sue profonde inquietudini.
Il mal di vivere, invece, è una costante e un’abitudine, una brutta abitudine.
“Qualsiasi essere amato - anzi, in una certa misura qualsiasi essere - è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.”
Marcel Proust
Che frase triste e sconsolata, degna del più disilluso decadentismo.
Chissà!!! Visto i tempi, se mai fine abbia avuto questa corrente?
Il senso della frase sembra chiaro: Qualunque cosa facciamo non ci rende felice, non ci rende soddisfatti. È il mal di vivere.
Brutta abitudine.
Com’è che da tette e culi sono arrivato al mal di vivere?
Sono onesto, in queste ragazze più che libertà, vedo un profondo mal di vivere.
Forse è questa la natura dello stupro. Fottersi la vita, fottersi il cervello.
Lo sappiamo cosa succede quando siamo in prende all’eros, al brivido che per pochi minuti ci rende illogici e incapaci di fermarci.
Uno, due, forse tre uomini su venti riuscirebbero a tirare fuori il loro pene quando dentro la donna lei dice: NO, BASTA.
Non so!!! Per la donna è lo stesso? Ho avete più controllo?
L’orgasmo è una bella abitudine, anche la verginità era una bella abitudine.
Oggi però è, per questa società, questo il modo di percepire l’amore:
Fottersi.
Fottersi.
Fottersi.
Nel pronunciare questa parola, non avvertite un disagio e al tempo stesso un perverso compiacimento.
Fottersi la vita, ha un senso.
Fottersi il cervello, ne ha un altro.
Ciò che è sempre lo stesso è il linguaggio che lega i comportamenti. Che siano di rivalsa o di disfatta, l’atto che prevale sulla morale è lo stesso che descrive la violenza della vita e con essa la sua fine.
Un lungo atto sessuale che può generare, vita o morte, piacere o dolore.
La riflessione di fatto è diventata un po' a luci rosse.
Ma convengo in questo con Freud. Per il celebre analista, l’amore o è narciso o è nostalgico, in entrambi i casi doloroso e perverso e per naturale evoluzione sessuale.
Al solito esondo i miei limiti e vado oltre quel che avevo intenzione di descrivere.
A volte mi chiedo se non sarebbe meglio limitarmi a condividere un semplice aforisma e una canzone, invece di mettermi a vaneggiare come un folle.
Per ritrovarmi, alla fine, anello dopo anello, incatenato alle parole e all’ossessione.
Si scrive per tanti motivi, in linea di massima tutti giusti.
Un cantastorie tramanda vite, un poeta la denuda, la vita. Io che non sono né l’uno, né l’altro racconto il vuoto dell’anima.
Oh me, oh vita!
Domande come queste mi perseguitano,
infiniti cortei d’infedeli,
città gremite di stolti,
che vi è di nuovo in tutto questo,
oh me, oh vita!
Risposta: Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continui,
e che tu puoi contribuire con un verso.
Walt Whitman
Questa è tra le più belle poesie di Whitman, tra le più belle della letteratura.
Il mal di vivere è un vuoto, un vuoto insostenibile.
Nel raccontarlo si può forse riempierlo.
Persino forse dare una descrizione dei suoi limiti, dare forma alle pareti e al suo fondo.
Perché è ancor peggio, non sapere.
Io tocco i miei nemici col naso e con la spada
Ma in questa vita oggi non trovo più la strada
Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo
Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:
Dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo
Un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto
Non ridere, ti prego, di queste mie parole
Io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole
Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
Perché oramai lo sento, non ho sofferto invano
Se mi ami come sono, per sempre tuo
Per sempre tuo, per sempre tuo Cyrano
Francesco Guccini “Cirano”
Riempitevi l’anima di poesia e bellezza e verrà da sé,
che!!!
l’amore che vive nell’atto
verrà declamato con le forma della virtù.
Allora accadrà!
Quel verso cercato sarà trovato.
Quel vuoto, riempito.
Scusate il lungo post e il suo contenuto.
Eccomi ancora una volta. Anche questo nuovo post sarà un po’ pesante, per lo meno dal mio punto vista.
Contenuto vietato ai minori di 14 anni.
Abitudini.
Di certo avrò già scritto in passato qualche riflessione sul tema, è abitudine tornare su pensieri già vissuti.
“L’enorme carico di tradizioni, abitudini e costumi che occupa la maggior parte del nostro cervello zavorra impietosamente le idee più brillanti e innovative.”
Josè Saramago
Vecchi e nuovi aforismi, perle gettate qui e lì. Un'altra mia abitudine.
Non è semplice percepire i nostri comportamenti e come un’espressione matematica, estrarli dalla formula. E da quella formula, tra gesti e parole, riconoscere le variabili e le costanti che ne incatenano la logica.
Stamattina mi è capitato di assistere ad una scenetta che non saprei definire.
Nelle ore che passeggio Frida, mi capita d’incrociare di continuo runner e ciclisti che corrono. Uomini e donne che, a passo di marcia, mi sorpassano a destra e a sinistra.
Oggi! arrivato in piazza, vedo una giovane ragazza, che fa piegamenti su una panchina. Esercizi, molto probabilmente per sciogliere l’acido lattico o mantenere i muscoli caldi dopo la corsa.
Ad una decina di metri, un gruppo di uomini, quattro per l’esattezza, la fissano ridendo, come si suol dire, sotto i baffi.
La ragazza in tenuta sportiva indossava una tuta molto aderente. Le temperature sono quasi primaverili dalle mie parti, è comune quindi vedere ragazze e ragazzi vestiti con tute aderenti - ideali per la corsa - sovente con braccia e gambe scoperte anche in questa stagione.
I movimenti della ragazza erano, se visti fuori dal contesto, abbastanza sexy, oserei dire erotici, si piegava a gambe divaricate, mostrando in tutta la sua tonicità il sedere.
Non è la ragazza che ho visto, ho condiviso questo scatto preso dalla rete solo per far capire cosa quei quattro uomini vedono.
Un paio di volte ho visto due dei quattro uomini toccarsi i genitali, probabilmente in tutto questo non c’è nulla di male, un po' d’imbarazzo io, però, l’avrei provato. Tante che i quattro ad un certo punto si sono avvicinati costringendo la ragazza accortasi del siparietto a riprendere la corsa, credo, un po' infastidita.
Brutta abitudine, per l’uomo, questo comportamento. Il voyerismo è comune tra gli uomini, per molti potrebbe anche avere una logica e una sana utilità. Perché si sa! Guadare è sempre meglio che toccare.
L’uomo è attratto dalle forme della donna, è un fatto chimico. Le rotondità della donna sono una selezione naturale da parte dell’evoluzione. Lo scopo? Attrarre il maschio riproduttore che è in noi.
A volte mi chiedo?
L’istinto a tradire è frutto dell’occasione che fa l’uomo ladro?
O è frutto della sua natura, frutto di quello sguardo intriso di libido e ormoni che non riesce a distogliersi da una scollatura o uno spacco?
Non sono perfetto, ho una moltitudine di difetti, il tradimento, per lo meno quello legato alla coppia, non mi è, però, mai appartenuto. Capita, sì, che l’occhio a volte cade, la moda attuale è troppo appariscente a volte. La mia natura riservata non mi ha, però, mai permesso di approcciarmi con altri esseri umani in maniera naturale, ho difficoltà già solo a trovare le parole per iniziare un dialogo, pensare a fare sesso con chi ho davanti non si è mai, neanche, palesato nell’anticamera dei miei pensieri. Triste? Per alcun teste di cazzo di certo. Ne conosce parecchi che mi considerano un fesso, per alcuni (umani legati dal sangue) persino un frocio. Ho visto stupore è sollievo anche nei miei parenti più stretti, il giorno che ho presentato la mia compagna. Abitudini che si percepiscono.
E devo scrivere da quel che ho vissuto e vivo, che era ed è ancora oggi, in certi ceti, un’abitudine per il siciliano essere maschio e virile.
Se c’è una donna o ragazza avvenente, con le forme ben in vetrina, è quasi un rito provarci, quasi un dovere guardarla come se mai donna avesse messo piede sulla terra. E alle donne piace tutto questo, magari non a tutte, ma a gran parte sì.
Da ragazzo, poi, non avevo un bel rapporto con il mio corpo, è questo frena nell’approcciarsi con l’altro sesso e mette davanti a noi a me in questo caso, tante inibizioni.
Le ha messe per lo meno. La maturità aiuta, l’esperienza aiuta, nel tempo qualche trucco s’impara.
Al di là di quel che si dice, di quel che diciamo noi timidi, noi sfortunati o sfigati, la solitudine non è mai una conquista, quando, invece, una eredità giunta per caso.
La brutta abitudine di sentici soli, non è poi così costante.
Aggiungo inoltre, che chi dice: “sto bene da solo o sola”, in realtà mistifica la verità e muta il vero significato della solitudine.
Perché di fatto non si è mai soli.
Siate onesti e oneste con voi stessi/e.
Le volte che si dice: “io sto bene da solo o sono sempre stato bene da solo o da sola”, in realtà non si vive la solitudine, ma una sorta di evasione da uno scorcio di vita, che vuoi o non vuoi, ci ha segnato e continua a segnarci.
Ritagliarsi un paio d’ore di solitudine, o un giorno, o persino una settimana, non basta a dare forma alla solitudine e alle sue profonde inquietudini.
Il mal di vivere, invece, è una costante e un’abitudine, una brutta abitudine.
“Qualsiasi essere amato - anzi, in una certa misura qualsiasi essere - è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.”
Marcel Proust
Che frase triste e sconsolata, degna del più disilluso decadentismo.
Chissà!!! Visto i tempi, se mai fine abbia avuto questa corrente?
Il senso della frase sembra chiaro: Qualunque cosa facciamo non ci rende felice, non ci rende soddisfatti. È il mal di vivere.
Brutta abitudine.
Com’è che da tette e culi sono arrivato al mal di vivere?
Sono onesto, in queste ragazze più che libertà, vedo un profondo mal di vivere.
Forse è questa la natura dello stupro. Fottersi la vita, fottersi il cervello.
Lo sappiamo cosa succede quando siamo in prende all’eros, al brivido che per pochi minuti ci rende illogici e incapaci di fermarci.
Uno, due, forse tre uomini su venti riuscirebbero a tirare fuori il loro pene quando dentro la donna lei dice: NO, BASTA.
Non so!!! Per la donna è lo stesso? Ho avete più controllo?
L’orgasmo è una bella abitudine, anche la verginità era una bella abitudine.
Oggi però è, per questa società, questo il modo di percepire l’amore:
Fottersi.
Fottersi.
Fottersi.
Nel pronunciare questa parola, non avvertite un disagio e al tempo stesso un perverso compiacimento.
Fottersi la vita, ha un senso.
Fottersi il cervello, ne ha un altro.
Ciò che è sempre lo stesso è il linguaggio che lega i comportamenti. Che siano di rivalsa o di disfatta, l’atto che prevale sulla morale è lo stesso che descrive la violenza della vita e con essa la sua fine.
Un lungo atto sessuale che può generare, vita o morte, piacere o dolore.
La riflessione di fatto è diventata un po' a luci rosse.
Ma convengo in questo con Freud. Per il celebre analista, l’amore o è narciso o è nostalgico, in entrambi i casi doloroso e perverso e per naturale evoluzione sessuale.
Al solito esondo i miei limiti e vado oltre quel che avevo intenzione di descrivere.
A volte mi chiedo se non sarebbe meglio limitarmi a condividere un semplice aforisma e una canzone, invece di mettermi a vaneggiare come un folle.
Per ritrovarmi, alla fine, anello dopo anello, incatenato alle parole e all’ossessione.
Si scrive per tanti motivi, in linea di massima tutti giusti.
Un cantastorie tramanda vite, un poeta le denuda, la vita. Io che non sono né l’uno, né l’altro racconto il vuoto dell’anima.
Oh me, oh vita!
Domande come queste mi perseguitano,
infiniti cortei d’infedeli,
città gremite di stolti,
che vi è di nuovo in tutto questo,
oh me, oh vita!
Risposta: Che tu sei qui,
che la vita esiste e l’identità,
Che il potente spettacolo continui,
e che tu puoi contribuire con un verso.
Walt Whitman
Questa è tra le più belle poesie di Whitman, tra le più belle della letteratura.
Il mal di vivere è un vuoto, un vuoto insostenibile.
Nel raccontarlo si può forse riempierlo.
Persino forse dare una descrizione dei suoi limiti, dare forma alle pareti e al suo fondo.
Perché è ancor peggio, non sapere.
Io tocco i miei nemici col naso e con la spada
Ma in questa vita oggi non trovo più la strada
Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo
Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:
Dev'esserci, lo sento, in terra o in cielo
Un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto
Non ridere, ti prego, di queste mie parole
Io sono solo un'ombra e tu, Rossana, il sole
Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora
Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
Perché oramai lo sento, non ho sofferto invano
Se mi ami come sono, per sempre tuo
Per sempre tuo, per sempre tuo Cyrano
Francesco Guccini “Cirano”
Riempitevi l’anima di poesia e bellezza e verrà da sé,
che!!!
l’amore che vive nell’atto
verrà declamato con le forma della virtù.
Allora accadrà!
Quel verso cercato sarà trovato.
Quel vuoto, riempito.
Scusate il lungo post e il suo contenuto.
https://www.youtube.com/watch?v=T_wnAnIM3cw&ab_channel=FraTuck89
[…]
“Siamo nati malati” li senti dire
La mia Chiesa non offre assoluzioni
mi dice “prega in camera da letto”
l’unico paradiso al quale verrò spedito
è quando sono solo con te
Sono nato malato
ma lo amo
ordinami di stare bene
amen, amen, amen, amen
Portami in chiesa
pregherò come un cane davanti al reliquiario delle tue bugie
ti dirò i miei peccati e potrai affilare il tuo coltello
offrimi quella morte senza morte
buon Dio, lascia che ti dia la mia vita
Se sono un pagano dei vecchi tempi
il mio amore è la luce del sole
per tenere la Dea al mio fianco
lei richiede un sacrificio
[…]
Una delle tante versioni.
Ho sempre pensato che la conoscenza abbia, sì, pregi – l’ignoranza è un crimine sociale – a volte però non conoscere la realtà rende innocenti.
È d’obbligo avvisare chi legge che questo post sarà al quanto retorico, un pizzico irriverente e leggermente offensivo, chi vuol evitare il pessimismo e le non tanto velate offese vada oltre.
Notizie su notizie, alcune vicine altre lontane:
30 Gennaio, Catania, bagni pubblici della Villa Bellini, una tredicenne violentata dal branco.
ReTro è nato il 16 luglio 2020, gli studiosi della Chinese Academy of Sciences di Pechino hanno annunciato la sua esistenza, però, solo ora.
Cosa ha di speciale la notizia? ReTro è un maschio di macaca mulatta, una specie di primate appartenente alla famiglia dei Cercopitecidi.
A gennaio 2024, questo piccola scimmietta ha compiuto tre anni e mezzo. ReTro è il primo esemplare clonato di scimmia a vivere così a lungo.
Quando scrivo è il 4 febbraio, ed è mattina. A Catania il bianco domina le strade. La Santa più amata della Sicilia orientale avanza lentamente per le vie della sua città, i catenesi si mostrano a lei devoti e religiosi.
Tre notizie all’apparenza slegate e isolate. Cronaca, Scienza e Costume.
Ma sapete cosa colgo io da questo calderone d’informazioni? Limiti.
Mi chiedo:
La vita deve avere limiti? E quando è lecito superarli?
“Confinare la nostra attenzione alle questioni terrestri significherebbe limitare lo spirito umano.”
Stephen Hawking
e
“Supera te stesso e supererai il mondo.”
Sant’Agostino
Due menti e anime agli estremi: lo scienziato e il teologo.
Il messaggio è lo stesso però: Andare oltre, superare i confini, i limiti della materia uno, dell’anima l’altro.
Com’è che ho la sensazione che è stata aperta una ferita nella materia vivente.
Nella prima notizia, non l’unica della settimana, è palesa, palpabile, immaginabile, il sangue, il dolore, la lacerazione.
Mi chiedo?
L’uomo riesce a immaginare, a capire, le macerie che ha creato?
Le donne lo sanno (in parte), ma l’uomo? L’uomo sa cosa può fare un pene e un altro e un altro ancora, che con forza e brutale violenza penetra la vagina di una giovane donna, una bambina da poco diventata ragazza? Eppure, se noi uomini da etero parliamo tra di noi di omosessualità, rabbrividiamo al solo pensiero di immaginare il cazzo di un altro uomo penetrare il nostro culo.
Lo stesso brivido, per alcuni uomini – ipocrisia – per tutti gli uomini (è colpevole anche chi solo ha la fantasia d’esser brutale, feroce) – non vale per la donna, non vale per la bambina.
Nel caso recente, nel caso descritto, il branco è giovane, minorenni. La consapevolezza, la pietà, il riconoscimento dell’altro come pari a sé stesso, non sono attecchite, forse neanche piantate nell’anima di questi ragazzi. Questi ragazzi sono senza confini, senza limiti, senza umanità.
Puttane – le ragazze, le donne – sono tutte puttane (la frase più ricorrente), e come tali non ha limite la violenza, non ha confine la sopraffazione che può sbocciare dal seme arido di questa umanità.
Sapete la “puttana” è il limite superato e accettato antropologicamente. Che sia donna o uomo, è diventato uno scambio di genere. Un’impronta genetica che una o l’altra parte accoglie nel momento che la volontà si scontra e il potere, la dominazione prevale. Il dominio delle parole.
Le parole dominano la società moderna, le azioni sono la forma delle parole moderne.
Mentre scrivo, la musica scorre, le parole si espandono e con esse l’azione che ispira e genere la riflessione.
Una mattina mi son alzato
o bella ciao, bella ciao
una mattina mi son alzato
e ho trovato l’invasor.
O partigiano, portami via
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
o partigiano, portami via
che mi sento di morir.
E se io muoio da partigiano
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e se io muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.
E seppellire lassù in montagna
o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao
e seppellire lassù in montagna
sotto l’ombra di un bel fior.
[…]
La potenza delle parole, il valore delle parole.
Dietro i versi, dietro l’inchiostro c’è l’azione, l’idea che prende forma.
Come può l’umanità che muore per la salvezza dell’amore, essere la stessa che lacera l’innocenza di una bambina o un bambino?
Quando le donne sono diventate puttane?
Quando gli uomini sono diventati i padri delle puttane?
Quando le donne hanno accettato d’essere figlie e contemporaneamente puttane?
Le quote rosa, le pari opportunità – trappole per distogliere lo sguardo dal fatto che si è sottoscritto un patto d’identità. I fatti, i contratti, le opportunità, i ruoli, dicono quel che l’uomo pensa della donna e la donna concede a sé stessa e alla società.
Una società ipocrita.
Ed è l’ipocrisia, la devozione che oggi pervade le vie di Catania. La società civile onore una martire, una vergine, una ragazza, torturata, mutilata e uccisa quasi due mila anni fa. L’ipocrisia è in questa nostra società che nello stesso giorno fa coesistere stupro e innocenza, brutalità e fede.
Si guardi chi si schiera oltre la linea dei colpevoli.
Chi si sente innocente, ha due tizzoni ardenti infilati negli occhi.
Sì, siamo tutti Agata, siamo tutti e tutte vittime e stuprati.
Siamo, però, anche stupratori e puttane.
Non c’è altra spiegazione alla natura delle cose che viviamo, all’indifferenza innocente, all’indifferenza colpevole.
Limiti.
E giungo alla scimmietta. Il caos fa strada all’ordine, la natura concede all’uomo un pezzo della sua anima.
Chissà quali conseguenza e opportunità porterà questa nuova era?
Sapete se metaforizziamo la riflessione e immaginiamo per un attimo che per un Dio esista anche un Diavolo. Si dovrà convenire con l’idea che le opportunità non sono solo di Dio ma anche del Diavolo.
Si sa che il diavolo da sempre è la causa e il responsabile di ogni male, un artificio legislativo per dare le proprie colpe ad un altro. La genialità sta nell’aver identificato un essere che non si vede.
Le buone azioni invece sono frutto del libero arbitrio concesso da Dio e quindi l’uomo si concede il merito della sua onesta e rettitudine (serviva – non sia mai la retta via sia la normalità d’un cammino evolutivo), ed ecco che l’uomo si concede a medaglia la beatitudine e la santità.
Scienza, cronaca e costume.
Non so cosa è venuto fuori da questo mio post. Se avete precipito confusione avete percepito bene.
Perché questa società è confusa e lo sono anch’io. Con l’anima che da un lato vuole sentirsi innocente, diversa da chi sta macchiando il mondo di sangue, dall’altra invece si sente colpevole perché è parte della stessa società che ruba, stupra e uccide.