
La domanda senza risposta
Ho guardato l’amore da mille altezze,
come un falco che scruta la terra in cerca di senso,
l’ho visto mutare, cambiare volto,
come la luna che si vela dietro le nubi del tempo.
L’ho riscoperto in silenzi mai compresi,
negli occhi di chi passa e non resta,
nelle notti in cui il cuore scriveva il tuo nome
sopra lenzuola stropicciate d’insonnia.
Ho scritto poesie che parlavano di te
senza mai riuscire a dire davvero chi sei.
Ogni verso era un passo nel buio,
un graffio lieve su una porta che non si apriva.
Sono un uomo che cammina in un deserto d’amore,
la sabbia sotto i piedi è fatta di sogni spezzati,
ogni miraggio è il riflesso del tuo sorriso,
ogni granello, un ricordo che brucia e consola.
Sete.
Sete di te, di una carezza, di un abbraccio sospirato,
di quella voce che dice piano:
“Sono qui, andrà tutto bene.”
Eppure annego.
Nel mare infinito delle attese,
in onde fatte di “forse”, di “chissà”,
e resto a galla aggrappato a parole mai dette,
a promesse scritte solo nei miei pensieri.
Tu sei la mia oasi lontana,
il sogno che mi tiene in vita sotto il sole cocente
della speranza che non muore,
anche quando tutto in me grida resa.
Scrivo,
scrivo perché è l’unico modo che conosco per starti vicino,
per cucire con l’inchiostro la distanza che ci separa,
per immaginare che i miei versi ti trovino,
che ti portino qui,
dove il tempo non ha paura e l’amore può fiorire.
Scrivo di te,
di noi che non siamo, ma potremmo essere.
Scrivo di felicità come se potessi inventarla,
di un futuro dove la tua mano incontra la mia,
e il mondo si ferma, anche solo un istante.
Perché forse l’amore è proprio questo:
una domanda che non ha risposta,
ma che continuiamo a fare,
a occhi chiusi,
con il cuore spalancato.