Profilo BACHECA 34
E quella lontana notte di un tempo lontano,
fuori a contrastare l’oscuro solo la Luna,
dea palpabile dell’ignoto allora.
Ricordi?
Io e te alla luce di calde braci
ombre tremanti tra pareti di roccia
Cosa accadde non so,
non ti voltasti perché come sempre
io ti prendessi da dietro.
Così i tuoi occhi mi trovai di fronte e le tue labbra.
Non sapevo, non potevo, confusa era la mente
Emisi un verso come tante volte prima di allora
Non bastava, non ci bastava
Qualcosa con gli occhi implorasti
Più di un suono, qualcosa di più
Qualcosa che poi chiamammo
parola
La memoria
è valigia per abiti smessi.
Nessuno è stirato,
se non è sgualcito
è ripiegato.
Anche se con cura riposto
chi può indossare un ricordo
senza mentire
guardandosi allo specchio.
Allontanati, riavvicinati
mettiti di fianco.
Se era un bell'abito
ora ti è stretto,
ora ti è largo.
Ti guardi
e sei sempre vagamente triste
se è il ricordo infelice,
ma anche fosse bello.
Cosí se sei saggio
tieni chiusa quella valigia.
Ma io saggio non sono....
Devo sceglierle le parole o lasciare che incontaminate scorrano?
Di quali fidarmi, in quali confidare, supporre di conoscerne il senso?
Se io sono le parole che uso, e certo uso le parole che so, sono dunque ciò che so?
Sono raccontato dalle mie parole
Parlato dalle mie parole.
Negato o definito da quelle che non ho mai ho detto.
Di quante parole è costruita dunque la mia vita?
Quante adesso versarne sopra perché di me si sciolgano le incrostazioni?
Quali riportare al cuore perché il mio amore vi si ritrovi?
Quali sottrarre perché di me si perda traccia delle mancanze più gravi
Quali lasciare a mio figlio perché gli servano.
Quante le mie parole al vento?
Quante, poiché più non mi importa quali.
E a dire il vero che importanza ha poi quante.
Accese il fuoco così da offrire
un luogo al vagare della notte.
Riconobbe l'addensarsi quieto del suo respiro.
Oltre la soglia dove la luce si incontrava con il buio lei lo guardava.
Lí ancora una volta si ritrovarono
per raccontarsi in silenziose storie.
Per vegliare insieme, per conservare il senso.
Da lassù nel cielo.... solo un una piccola luce sul limitare del bosco.
La musica che ascolto
ha limite nel mio respiro
e spazi chiusi nei confini di un tempo
che non è qui e non è ora
ma un tempo prima…prima del prima.
Dicono non funzioni così la vita.
È un’anomalia questa e io la gioco nel silenzio.
E poi sì, vorrei una voce, fosse anche la mia.
Luna che per metà del tuo stare a noi ti apri
e per l’altra metà ti chiudi
che una sola notte alla nostra luce
neghi miraggio di certezza
equilibrio sei del cielo e del tempo
cosi che non rovinino su di noi
travolgendo
Quando è coperto il cielo
di nuvole leggere al vento
più vicino a me tra le nuvole
sento sussurrare Dio.
Ma quando è azzurro terso il cielo
muto di Lui è il mio sentire
in quella infinita luce.
Quanti tempi, minuti e piccoli
tra quel respiro che chiude
e il primo bacio.
Tanti da riempire ogni mio tempo.
Come le onde, le stelle, le api stanno
al mare, al cielo, al mondo.
Quanti tempi, piccoli granelli,
di sabbia e spiagge,
al vento e sole,
nelle notti e negli inverni.
Dove nel silenzio mi perdo ormai
testimone solitario,
senza più i ricordi tuoi
a me, di riflesso.
Da sempre vivo di questa città
da sempre percorro le sue diecimila strade
ove i miei giorni giacciono e le mie notti
tra portoni e marciapiedi
tra scuole e chiese
bar e discoteche
nello stridere dei tram, nei fruscii delle panchine
tra angoli bui e sole tra i palazzi
nello lo stringere della folla
nelle luci dei negozi,
nelle voci e nei silenzi degli uffici
nell’odore delle edicole
nel calore umido dei cinema , quello asciutto dei teatri.
Tra nebbie, foglie, vento, tubi di scappamento e clacson.
Ma cambia la città dei palazzi e delle piazze.
Cambia e muore e vive e grida e piange.
Cosi talvolta si risveglia la memoria
dove i miei giorni giacciono e le mie notti.
Ed io altrove ritorno e sono qui lo stesso
per le sue diecimilla strade perso.