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Mi descrivo
Il Gagè ama i soldi, lavora sempre, sperando di diventare qualcosa e sperando così muore, poi a fatto le sue leggi, troppe leggi. Io dico: _la libertà è bella, vai dove vuoi! Tutta l’arte del vivere sta nel non servirci delle persone che ci fanno soffrire se non come un gradino che ci permette di accedere alla loro forma divina, e di popolare così gioiosamente la nostra vita
di divinità. Signòn ni romi Lovara Kalè.
Vladìmir
Su di me
Situazione sentimentale
single
Lingue conosciute
-
I miei pregi
non chiedo nulla
I miei difetti
non voglio nulla
Amo & Odio
Tre cose che amo
Il buio della rjat, le streghe, el rojo
le noir, pensare e scrivere, la zambra
amare la zuvlì, l'universo, il viola, el viento
Tre cose che odio
inquisitori, intolleranti, le regole ed i recinti
che mi si neghi l'apostrofo nel nick
el bonanza, calme plat e le mon folie
I miei interessi
Vacanze Ok!
Avventura
Vacanze Ko!
Passioni
Teatro
Viaggi
Musica
Folk
Cucina
Piatti italiani
Libri
Classici
Narrativa
Sport
Film
Libro preferito
Meta dei sogni
Nepal, Atolli del Pacifico
Film preferito
Poesia
La poesia serve per nutrire quel granello di pazzia che tutti
portiamo dentro e senza il quale è imprudente vivere
Federico Garcia Lorca
"Forse la più gran Pazzia è vedere la Vita per quello che è,
piuttosto che per quello che potrebbe essere".
Miguel de Cervantes Saavedra - El ingenioso hidalgo don Quijote de
la Mancha
Confessione
Qui davanti a me, io, peccatore, mi confesso
d’esser così come sono.
Mi confesso il bene il male che vanno al timone della nave
in questa deriva in cui vado.
Mi confesso invasato dalle virtù teologali che sono tre,
e dai peccati mortali che sono sette,
quando la terra non replica che son di più.
Mi confesso il padrone delle mie ore.
Quello delle coltellate cieche e rabbiose
e quello delle tenerezze lucide e mansuete.
E di essere in qualche modo avventure del medesimo tutto.
Mi confesso di essere fango e chiaro di luna, in mescolanza.
di essere la corda dell’arco
che scaglia saette al di sopra della mia statura.
Mi confesso di essere tutto che possa nascere in me.
Di avere radici nel suolo di questa mia condizione.
Mi confesso di Abele e di Caino.
Mi confesso di essere uomo!
Di essere un angelo caduto di quel tal cielo che Dio governa;
di essere un mostro uscito dal buco più profondo della grotta.
Mi confesso di essere io! Io, tale e quale come venni gitano
per dire che sono io qui davanti a me.
Vladìmir Roberto
Precisazioni
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7/3/2001.
Maestro
La Casada Infiel
E io che me la portai al fiume credendo che fosse ragazza, invece
aveva marito.
Fu la notte di San Giacomo e quasi per obbligo.
Si spensero i fanali e s’accesero i grilli.
Alle ultime svolte toccai i suoi seni addormentati,
e di colpo mi s’aprirono come rami di giacinti.
L’amido della sua gonnellina suonava alle mie orecchie
come un pezzo di seta lacerato da dieci coltelli.
Senza luce d’argento sulle cime sono cresciuti gli alberi
e un orizzonte di cani abbaia lontano dal fiume.
Passati i rovi, i giunchi e gli spini,
sotto il cespuglio dei suoi capelli feci una buca nella
fanghiglia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si tolse il vestito.
Io la cintura e la rivoltella.
Lei i suoi quattro corpetti.
Non hanno una pelle cosi fine le tuberose e le conchiglie
né i cristalli alla luna risplendono di tanta luce.
Le sue cosce mi sfuggivano come pesci sorpresi,
metà piene di brace, metà piene di freddo.
Corsi quella notte il migliore dei cammini
sopra una puledra di madreperla senza briglie e senza staffe.
Non voglio dire, da uomo, le cose che ella mi disse.
La luce dell’intendimento mi fa esser molto discreto.
Sporca di baci e di sabbia la portai via dal fiume.
Con la brezza si battevano le spade dei gigli.
Agii da quello che sono, da vero gitano.
Le regalai un grande cestino di raso paglierino,
e non volli innamorarmi perché avendo marito
mi disse che era ragazza quando la portai al fiume.
Federico Garcia Lorca
Cappello
Poiché non so mentire, non t’inganno:
sono nato zigano e ribelle.
Cominciando da me principale motivo
di insofferenza,
Prima di qualsivoglia adorazione, osservo.
Non mi so conformare.
Esco perciò, da tutti i paradisi,
prima di entrare.
Vladìmir Roberto
Libertà
Noi Zingari abbiamo una sola religione: la libertà. In cambio di
questa rinunciamo alla ricchezza, al potere, alla scienza ed alla
gloria. Viviamo ogni giorno come se fosse l'ultimo. Quando si
muore si lascia tutto: un miserabile carrozzone come un grande
impero. E noi crediamo che in quel momento sia molto meglio essere
stati Zingari che re. Non pensiamo alla morte. Non la temiamo,
ecco tutto. Il nostro segreto sta nel godere ogni giorno le
piccole cose che la vita ci offre e che gli altri uomini non sanno
apprezzare: una mattina di sole, un bagno nella sorgente, lo
sguardo di qualcuno che ci ama. E' difficile capire queste cose,
lo so. Zingari si nasce. Ci piace camminare sotto le stelle. Si
raccontano strane cose sugli Zingari. Si dice che leggono
l'avvenire nelle stelle e che possiedono il filtro dell'amore. La
gente non crede alle cose che non sa spiegarsi. Noi invece non
cerchiamo di spiegarci le cose in cui crediamo. La nostra è una
vita semplice, primitiva. Ci basta avere per tetto il cielo, un
fuoco per scaldarci e le nostre canzoni, quando siamo tristi.
Spatzo (Vittorio Myer Pasquale)
Scrivo e vivo
Dicono: scrivere non è per tutti,
non sei credibile, zingaro non scrivere!
Davanti alle lettere, la tua genìa è illecita,
non avvicinarti ai fogli!
L’inchiostro della poesia per te è veleno
sta attento, non bere!
Ed eccomi, ho scritto tanto,
ho acceso in ogni stella un grande incendio.
Dio non è mai stato furente con me,
nessun profeta si è offeso
dicono: il discorso è privilegio dei ricchi,
allora è inutile che tu parli!
Le belle donne sono cosa a te preclusa,
non corteggiarle e non innamorarti!
Ed eccomi, ho corteggiato, mi sono innamorato,
ho nuotato tanto,
ho lottato contro tutti i mari, e non sono annegato.
Sono un puledro vagabondo, che scrive
coi suoi zoccoli l’inno della libertà,
sono il pugnale del mare azzurro,
che non riposerà mai finché non avrà ucciso la leggenda.
Vladìmir Roberto
Riflessioni
Intorno a me tutti declamano
il loro monologo che dura una vita,
come l’acqua, la sabbia, la luce,
il vento, lo sguardo, l’amore, il dolore
le voci mi attraversano
nel ricordo si fondono in una voce sola,
parla la lingua che genera il racconto su tutti.
Quella voce parla la lingua che tutti parlano
la lingua che nessuno conosce.
Vladìmir Roberto