Anche il nome del capo corsa della Sartiglia, su
Componidori, così come le origini stesse
della giostra equestre, è legato alla dominazione spagnola
nell'isola di Sardegna: il termine deriva da
"componedor", ovvero il maestro di campo della "sortija"
spagnola. Ogni anno il 2 febbraio, in occasione
della festa
della Candelora, i massimi rappresentanti dei due Gremi
dei Contadini e
dei Falegnami,
a cui è demandata l'organizzazione dell'evento, nominano il
rispettivo "capo corsa", uomo o donna che sia: da quel
momento il cavaliere prescelto viene investito di un
ruolo che nel corso dello svolgimento della Sartiglia lo
trasformerà non solo nel "signore della corsa", ma anche in un
semidio. Caratteristica, quest'ultima, che comporta una serie
di rituali densi di sacralità, che già a partire
da uno dei momenti più importanti della manifestazione, quello
della sua vestizione,
pone il cavaliere su un piano di trascendenza.
La sua figura è sublime e destinata a incarnare un sacerdote
della fecondità. Forza, coraggio, abilità e purezza sono le
caratteristiche che deve possedere e per conservare le quali
dovrà prendere i sacramenti della confessione e della comunione,
ma anche evitare di toccare la terra e gli stessi abiti,
indossati i quali si trasformerà in un semidio. Così,
accompagnato dal suono delle launeddas,
il cavaliere sale su "sa mesita", una sorta di altare sul quale
verrà vestito dalle massaieddas: da
quel momento, affinché possa conservare la purezza e la forza
necessarie a sfidare la sorte e ottenere la vittoria, il
cavaliere non potrà più toccare il suolo. Ha inizio così il lungo
e complesso rito della vestizione dal quale
nascerà su Componidori e che terminerà nel
momento in cui gli verrà cucita sul volto la maschera androgina
di terra cotta (di
colore bianco per il Componidori del Gremio dei Falegnami; del
colore della terra per quello del Gremio dei Contadini), che
lo renderà inavvicinabile e inarrivabile. Da quel momento, e per
tutta la durata della corsa, su
Componidori rappresenterà il semidio sceso in
terra per donare agli uomini la fortuna e cacciare gli spiriti
maligni.
Per questo, tra i numerosi gesti che segnano la sua solenne
figura nel corso della manifestazione, non solo c'è quello che lo
vede sfidare per primo la sorte, cercando
di infilzare la stella di latta posta nella via
antistante la Cattedrale, nel pieno borgo medievale
di Oristano,
ma anche quello della benedizione al
popolo attraverso "Sa
Pippia 'e Maju", il doppio mazzo di pervinche e viole mammole
che simboleggiano l'arrivo della primavera, ossia la stagione
della semina a cui seguirà il raccolto all'inizio dell'estate.