Mi infilo nell'aroma del caffè. E lo lascio mischiarsi al profumo dell'erba. Ho scorticato il cielo stanotte. Quando non dormo lo guardo: un gesto semplice e dimenticato, almeno per me. Alzare lo sguardo al cielo, quel tappo bellissimo del mondo. E piano piano, fiato su fiato, mi immergo nel nuovo giorno. Sono giorni madidi e densi. Di sguardi nuovi. E sto imparando a non affondare gli occhi. Né nel buio, né nella troppa luce. E guardare poco poco, un po' per volta. In fondo se a me hanno fatto del male è perché qualcuno ha fatto male anche a loro prima. E forse è quello che chiedo. Con il troppo amore ed i mille bisogni, come spire tentacolari. Il male non è mai la risposta, né la soluzione. Ma un transito. Un flusso che leviga. Come un corrimano, in attesa di passi pieni. Per un istante ho solo l'orrore della mia intimità sbocconcellata, forse derisa, patita, sgranata. Una ritorsione per il cuore. Là si innida il dolore. In quella idea. Nessuna superiorità, nessuno sdegno, neanche rancore. Solo per una volta non dimenticare. Non ho avuto figli, ma ho amato molto, sempre e comunque. E questo fa di me un tronco di donna? Ed è facile vederla così. Chiaramente della vostra pietà me ne frego, non la voglio, non la suscito. Ho imparato, sto imparando, che ci sono cose da accettare. Senza esercizi e contorsioni. Sono situazioni. La vita dà e toglie. E nessuno può giudicare.
Oltre c'è solo verità e nuova bellezza.