Alla mia età credo sia normale fare dei bilanci. Beh, penso proprio di non essere stato un granché. Da piccolo immaginavo di diventare unico, di distinguermi dagli altri ed in effetti unico lo sono stato, ma semplicemente perché ognuno di noi lo è a suo modo; fa parte della natura umana.
Spesso associamo all'unicità un giudizio di valore, in termini di eccellenza o di abominio. Ma questa netta polarizzazione esiste solo nei libri di storia, perché la storia con la "S" maiuscola si occupa solo delle grandi vicende dell'umanità, lasciando sul fondo indistinto la trama della vita comune ed il riflesso su di essa di quegli eventi.
Ecco, io sono stato uno dei più, uno dei tanti. Non ho compiuto gesti eroici, non ho commesso delitti efferati, sono stato unico nella mia serena mediocrità. Non passerò alla Storia e neppure rimarrò indelebile nella memoria di chi mi ha conosciuto, sono un predestinato all'oblio. In questo rapido passaggio tra ciò che non esiste ancora e ciò che non esiste più, che ci ostiniamo a chiamare vita, ho cercato di dare il meglio di me e l'ho fatto in fondo per me stesso, forse per la vanità di un'apprezzamento, di uno sguardo benevolo o compiaciuto. Ora però davanti al quel bilancio non posso mentire a me stesso, non oggi almeno; domani certo riprenderò a farlo e tornerò a nascondere le mie paure, le mie incertezze, i miei fallimenti, i miei tradimenti, ad omettere, anche a me stesso, la narrazione del mio lato oscuro. Tornerò a crogiolarmi nel mio piccolo cono di luce, ma oggi mi tocca riconoscere che in fondo non sono stato niente.