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Premessa: mi giocherei la futura pensione  che noi italiani - Andreotti docet - sotto sotto amiamo tanto la Francia che ne vorremmo due...Questo articolo, pertanto, consideratelo pure la scoperta dell'acqua calda...😊

 

Luglio/Agosto 2017

Douce France

Chissà perché quando da noi si dice Francia, il pensiero corre subito a Napoleone. Forse perché bussò alle porte della Penisola vestendo i panni del liberatore e del modernizzatore e se ne andò indossando quelli del tiranno. La sua parabola italiana pertanto rappresentò la sintesi perfetta dell’atteggiamento tenuto per secoli dai cugini d’oltralpe nei confronti del nostro Paese e l’attuale padrone dell’Eliseo, tanto osannato dalle Cancellerie europee agli inizi del suo mandato quanto ora deplorato per l’uzzolo di grandeur che pare pervaderlo (l’entrata a piedi uniti nel ginepraio libico, la chiusura ermetica delle frontiere, i rimbrotti all’Italia per la gestione dei migranti, la minacciata nazionalizzazione dell’industria siderurgica per evitarne l’acquisto da parte di Finmeccanica), in fondo non starebbe facendo altro che perpetuare una lunga e consolidata tradizione.

La colpa però è nostra. Terra di conquista, saccheggio e confronto militare tra le potenze europee fin dalla fine del quattrocento, l’Italia chissà perché ha sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti dell’imperialismo transalpino. Da un certo punto in poi della Storia, infatti, si ha l’impressione che i francesi siano diventati occupanti più simpatici e accettabili degli altri, malgrado che più degli altri fossero spesso tracotanti, brutali e razziatori. Il baubau per gli italiani erano casomai gli austriaci che,  nonostante il passo felpato nell’amministrazione dei loro possedimenti asburgici, scontavano il fatto di essere i discendenti di quei sovrani tedeschi che nel Medioevo avevano aspirato a fare dello Stivale la propria vasca da bagno, e gli insolenti spagnoli, che con i loro governatori avidi e spendaccioni dissugavano, specie al Sud, l’Italia e i suoi abitanti peggio di una carovana di vampiri in gita aziendale.

I francesi invece dai primi decenni del sedicesimo secolo in poi, ovvero dai tempi dello sfortunato Francesco I di Valois e della sua raffinata corte di intellettuali e artisti, alle nostre latitudini hanno goduto di una fama di gentili e colti messaggeri di progresso che mal si confà però con le spoliazioni sistematiche di beni e opere d’arte e con le rozze sopraffazioni e prepotenze che hanno in genere caratterizzato l’epoca delle loro dominazioni. Eppure nell’immaginario collettivo nazionale la Francia continua ad essere vista come la terra della libertà e del pensiero evoluto ed evolvente. Un modello irraggiungibile da imitare per l’Italietta dai mille ritardi e dalle mille imperfezioni.
La verità è che la Francia è tutto questo ma anche molto altro, un altro decisamente meno attraente per le nostre orecchie. La Francia è Voltaire e Moliere ma è anche, tanto per fare un esempio, il generale Alphonse Juin, quello delle marocchinate del 1944, ossia gli stupri di massa e le esecuzioni sommarie commessi dai goumier dell’esercito gollista nei confronti di donne, uomini e bambini della Valle del Liri. La Francia è libertè, egalitè, fraternitè, è Anatole France e Proust, è Monet e Poussin, ma anche una nazione in cui lo sciovinismo e le frenesie di grandezza tornano ciclicamente ad infettare larghi strati del mondo politico e dell’opinione pubblica con una virulenza degna delle epidemie di colera dell’Africa occidentale.

Per farla breve, un Macron prima o poi ce lo dovevamo aspettare e invece siamo rimasti sbalorditi come adolescenti imberbi davanti al primo nudo di donna. Prima di Macron in Italia avevamo due pregiudizi che l’elezione del rampante presidente francese ha prontamente provveduto a spazzar via: quello che i nostri nemici storici, gli odiatori costituzionali degli italiani, fossero i tedeschi e quello che i nostri amici storici fossero i francesi, nonostante le risapute e accanite rivalità in tema di calcio, moda, cucina e vini.
Niente di più inesatto. La Francia, dopo decine di conflitti sanguinosi che hanno devastato l’Europa e decimato i suoi abitanti, oggi con la Germania, sua grande rivale di sempre, ci cammina a braccetto. La notizia, che in altri momenti avremmo accolto con enorme favore, alla luce delle ultime sortite della presidenza francese vuol dire soltanto che il re di Parigi e la zarina di Berlino si sono accordati per la spartizione dell’Europa: al primo il mediterraneo, alla seconda le brume del nord.

 

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Mi descrivo

Scrittore amatoriale, vincitore di premi letterari rigorosamente amatoriali, opinionista amatoriale... praticamente un fallito :-)

Su di me

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sposato/a

Lingue conosciute

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I miei pregi

Se mi sforzo li trovo

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Mi trovano loro

Amo & Odio

Tre cose che amo

  1. La quiete
  2. Le persone colte e intelligenti
  3. La Storia

Tre cose che odio

  1. La stupidità
  2. La cattiveria
  3. I posti affollati

I miei interessi

Passioni

  • Lettura

 

 

Nota dell’autore

Che “La sponda sbagliata” sia un tipo di racconto lungo   che i francesi definirebbero un mero divertissement, senza alcuna pretesa valoriale in termini di stile o di contenuti, l’ipotetico lettore lo capirà fin dalle prime battute del testo. Però da buon siciliano, come tutti i siciliani, sono anch’io figlio inconsapevole di Pirandello e quindi anche in un semplice divertimento come “La sponda” alla fine gli specchi deformati, le illusioni ottiche e mentali, le doppie verità, il gioco delle maschere  inevitabilmente  reclamano la loro presenza. E’ come se la Marta Ajala del grande agrigentino o lo sciasciano prof. Laurana di A ciascuno il suo ci mettessero sempre lo zampino quando ci avventuriamo nei dedali della scrittura creativa.

E’ dunque quasi una inclinazione naturale di chi è parto di una terra come la Sicilia -“la chiave di tutto” di Goethe - rifletterne la complessità, le mille sfaccettature, le mille contraddizioni, le mille qualità e gli altrettanti difetti in uno scritto o in un’opera d’arte, a prescindere dalla levatura del prodotto.

Con la “Sponda” pertanto ho voluto, da un lato, smitizzare un fenomeno vecchio quanto il mondo come il tradimento di coppia, privandolo di quella carica di drammaticità che spesso gli viene attribuita nei film e nei romanzi e, dall’altro, esercitarmi anch’io con le verità proclamate che spesso celano quelle effettuali.

Per la prima “ambizione” mi ha ispirato Bernard Slade e la sua irresistibile e famosa commedia Lo stesso giorno, il prossimo anno; per la seconda…beh chi meglio del Brancati del bell’Antonio, dove la verità apparente è estetica e quella nascosta è erotica.

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