Mi descrivo
Amo la natura, mi piace ascoltare il silenzio della montagna e la voce del mare.
Mi piace leggere poesie e scriverle, il mio sogno… diventare una farfalla per raggiungere il cuore di chi mi vuole bene, ciao a tutti!
Amleto, atto terzo, scena prima
« Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile
nella mente soffrire i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa
fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e,
contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire… nient’altro, e
con un sonno dire che poniamo fine al dolore del cuore e ai mille
tumulti naturali di cui è erede la carne: è una conclusione da
desiderarsi devotamente. Morire, dormire. Dormire, forse sognare.
Sì, qui è l’ostacolo, perché in quel sonno di morte quali sogni
possano venire dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio
mortale deve farci esitare. È questo lo scrupolo che dà alla
sventura una vita così lunga. Perché chi sopporterebbe le frustate
e gli scherni del tempo, il torto dell’oppressore, la contumelia
dell’uomo superbo, gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo
della legge, l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni, quando egli stesso
potrebbe darsi quietanza con un semplice stiletto? Chi porterebbe
fardelli, grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, il paese
inesplorato dalla cui frontiera nessun viaggiatore fa ritorno,
sconcerta la volontà e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? Così la
coscienza ci rende tutti codardi, e così il colore naturale della
risolutezza è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, e
imprese di grande altezza e momento per questa ragione deviano dal
loro corso e perdono il nome di azione. » (William Shakespeare)