Mi descrivo
SE UNA DONNA NON E' CAPACE DI RENDERE I PROPRI ERRORI AFFASCINANTI, ALLORA E' SOLO UNA FEMMINA. (O. Wilde)
Quello che voglio per me...
STACCATE LA SPINA QUANDO SMETTO DI SOGNARE
di Vittorio Macioce (Il Giornale)
Staccate la spina appena smetto di sognare. Non voglio diventare un
non morto, uno che rimane sul confine, il corpo da una parte,
l’anima dall’altra. Quando arrivo alla frontiera fate in modo che
la passi, senza passaporti, carte da bollo, burocrazia. Dite a
Caronte di portarmi in fretta, non è detto che dall’altra parte si
stia male. E se c’è il nulla, pazienza. Tanto in quel caso io non
ci sarò. Non voglio restare su questa terra con un frammento di
vita, come un vuoto a perdere. Non voglio vivere in una stanza
d’ospedale, con un cuore che batte a vuoto, carne senza sangue. Mi
fido di chi mi sta vicino, di quelli che mi conoscono, di chi ha
visto brillare i miei occhi. Non servono parole. Non mi dispiace
dormire un po’, ma non voglio svegliarmi al buio. Mi fa paura. Non
voglio vagare nel limbo, lì dove restano le cose che non riusciamo
a perdonarci. E, soprattutto, non voglio rompere le scatole a
nessuno. Non voglio che qualcuno guardi le mie piaghe da decubito.
Non state lì a immaginare i miei pensieri. Se il coma è
irreversibile staccate la spina. Solo un suggerimento: ricordatevi
che io arrivo sempre in ritardo. Quindi, aspettate un po’: mesi non
anni. L’ultimo, importante, favore. La mia morte non è un affare di
Stato. Non voglio giudici, notai, moralisti, preti, matrix e porte
a porte, opinionisti, politici e cantanti, a tracciare i confini
della mia vita e della mia morte. Non sono né Guelfo né Ghibellino
e come Mercuzio dirò a chi si avvicina: «La peste a tutt’e due le
vostre famiglie. Avete fatto carne da vermi di me». Tutto quello
che dovete fare, fatelo in fretta. Basta poco, basta uno sguardo di
pietà. Non voglio vedere le mie poche foto sui giornali, e qualcuno
che sentenzia: meglio quella lì in pantaloncini, dove sorride». E
per il mio testamento biologico scelgo le parole di Totò, ’A
livella: «Sti ppagliacciate ’e ffanno sulo ’e vive. Nuje simmo
serie, appartenimmo à morte!».
The Way We Were
Memories,
Like the corners of my mind
Misty water-colored memories
Of the way we were
Scattered pictures,
Of the smiles we left behind
Smiles we gave to one another
For the way we were
Can it be that it was all so simple then?
Or has time re-written every line?
If we had the chance to do it all again
Tell me, would we? could we?
Memories, may be beautiful and yet
Whats too painful to remember
We simply choose to forget
So its the laughter
We will remember
Whenever we remember...